L’Argentina si affida alla sua “presidenta”

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BUENOS AIRES – Quello che è in gioco nelle elezioni argentine non è il nome del nuovo presidente ma le dimensioni del suo trionfo. Che Cristina Kirchner raddoppi governando per altri quattro anni è fuori discussione secondo tutti i sondaggi. I primi exit poll la accreditano del 55% dei voti (ma per essere eletta le basterebbe il 40% e un distacco superiore ai dieci punti sul secondo) e dunque sembra scontato che possa conquistare anche la maggioranza alla Camera – che adesso non ha – confermando quella del Senato. Una apoteosi che – dicono preoccupati i critici – le garantirebbe il potere di approfondire la rivoluzione statalista, nazionalista e potenzialmente autarchica iniziata dal marito, Nestor Kirchner, nel 2003. A Buenos Aires è facile leggere sulle vetrine dei negozi slogan del tipo: “Se compri argentino crei posti di lavoro, se compri beni di importazione crei disoccupazione”. Semplice. Ed è questa anche la filosofia del governo che dopo il default del 2001 e la successiva svalutazione ha premuto l’acceleratore sulle esportazioni approfittando della domanda cinese di materie prime, di soia e di grano ma ha anche parzialmente ricostruito il tessuto industriale spazzato via negli anni Novanta dalle privatizzazioni di Menem e dal famoso uno a uno (un dollaro valeva un peso) di Domingo Cavallo.
Prima Nestor Kirchner, morto improvvisamente d’infarto un anno fa, e poi sua moglie Cristina (eletta nel 2007) hanno promosso una politica protezionista in economia con programmi di assistenza sociale non solo per i più poveri ma anche per la classe media. Poi Cristina ha lanciato programmi sociali come la distribuzione gratuita di computer agli studenti, programmi di inserimento lavorativo, ed uno famosissimo che si chiamò “Futbool per tutti” e che strappò i diritti in esclusiva delle partite del campionato di calcio alle tv private per trasmetterle tutte “in chiaro”.
Cristina Kirchner non ha la buona immagine internazionale di altre donne, come la cilena Bachelet o la brasiliana Rousseff giunte al potere in questi anni in America Latina. Colpa dei suoi capricci. Quando venne eletta, grazie al marito che le cedette la candidatura, con l’idea di burlare la legge elettorale che consente solo una rielezione, per ripresentarsi quattro anni dopo, molti pensavano che fosse arrogante, che avesse una eccessiva attenzione nel conservarsi bella, che era perfino antipatica. Con la morte di Nestor, Cristina è cambiata. Da un anno veste rigorosamente in nero e ha smesso di spendere diecimila dollari per un paio di scarpe. In campagna elettorale non ha rilasciato neppure una intervista, non ha accettato dibattiti con gli avversari, e si è concessa solo comizi e apparizioni in tv senza contraddittorio. Ma all’Argentina ottimista di questi giorni questi atteggiamenti poco democratici non importano granché. Come poco importa che, da quando è al potere, la famiglia Kirchner abbia moltiplicato per dieci il proprio patrimonio personale che oggi supera i 12 milioni di euro. I suoi avversari, giurano tutti i sondaggi, non hanno chance di disturbarla. Non ne hanno i due peronisti dissidenti che si presentano, Duhalde e Rodriguez Saa; non le ha il socialista Binner, che potrebbe arrivare secondo (si ferma al 15% secondo gli exit poll); e neppure Ricardo Alfonsin e Elisa Carriò.


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