Le imprese: “L’Italia è in pericolo risposte subito o salta il dialogo”

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ROMA – Il tempo è scaduto e visto che il governo tentenna e perde tempo, ecco che le grandi e piccole imprese, gli artigiani, i commercianti, le banche, le assicurazioni e le cooperative hanno deciso di pensarci loro e di mettere sotto il naso dell’Esecutivo un piano di rilancio del Paese bello e pronto. Poche pagine, 5 settori d’intervento, proposte «immediatamente operative». Il Manifesto delle Imprese – nato da un’idea di Confindustria, ma sottoscritto poi da tutto il mondo della produzione – ieri è stato presentato al governo e «agli italiani». Un’iniziativa mai vista prima, dovuta alla consapevolezza che il Paese sia in pericolo: «Salvare l’Italia non è uno slogan retorico – precisa Ivan Malavasi, presidente di Rete Imprese – qui sono a rischio anni e anni di sacrifici».
Dunque ecco questo «atto di responsabilità » in nome del quale ognuno ha accettato «di rinunciare a qualcosa». Si sa per esempio che Confcommercio non era proprio entusiasta dell’idea del Manifesto, ma i “colleghi”, agitando lo spauracchio di una nuova proposta sull’Iva, l’hanno convinta ad aderire. Si sa anche che l’iniziativa unitaria e compatta è stata apprezzata dal Quirinale. E che probabilmente non dispiace neanche a Sergio Marchionne, ad di Fiat: «Sappiamo che il mondo ci guarda e spesso non gli piace quello che vede», ha detto ieri parlando della situazione italiana. «Non possiamo permetterci di perdere tempo», il Paese sta affrontando una prova «che non sarà  meno dura di quella che segue ad un terremoto, serve coraggio».
Da Rete Imprese (che rappresenta Confartigianato, Confcommercio, Cna, Casartigiani e Confesercenti) a Confindustria, dall’Abi, all’Ania e alla Alleanza delle Cooperative tutti ripetono che il piano «non è contro il governo» e che le imprese «non vogliono sostituirsi alla politica». «Non spetta a noi dire chi debba governare – chiarisce Emma Marcegaglia, leader di Confindustria – ma ora non c’è più tempo, servono riforme coraggiose». Nei fatti il testo è un ultimatum, l’ultima possibilità  che la classe dirigente dà  al governo in carica. Se non arriveranno risposte («vanno bene anche altre idee, non per forza le nostre») il dialogo già  stentato salterà . «Parlo per Confindustria – precisa Marcegaglia – se queste proposte non andranno avanti la Giunta mi ha dato mandato per valutare se restare ai tavoli con il governo».
Il piano in cinque punti va dagli interventi sulla previdenza (donne del settore privato in pensione a 65 anni già  dal 2012 e abolizione dell’attuale sistema per l’anzianità ) alla cessione del patrimonio pubblico. Dalle liberalizzazioni agli interventi sulle infrastrutture. Ma il capitolo più pesante è quello fiscale che propone i 500 euro come limite massimo per l’utilizzo del contante e una patrimoniale una tantum dell’1,5 per mille su patrimoni mobiliari e immobiliari superiori a 1,5 milioni. «L’accetteremo solo a patto che serva a ridurre le tasse su lavoratori e imprese», sottolinea la leader di Confindustria. Il Manifesto fa discutere i sindacati: Susanna Camusso della Cgil «apprezza lo sforzo», ma ribadisce il suo no su pensioni e privatizzazioni, la Cisl di Bonanni è d’accordo, ma chiede «un fronte comune». Ora resta da vedere che cosa dirà  il governo: la prima reazione sembra freddina. Il ministro Sacconi dice che «le proposte meritano attenzione», ma su patrimoniale e pensioni ci sono «problemi di attuazione». Per il Pdl Giuliano Cazzola: «I toni ultimativi della Marcegaglia sono inaccettabili».


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