Le telefonate che accusano il ministro Romano

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PALERMO – C’era un «sistema affaristico-politico-mafioso» attorno alla società  Gas, il gioiello di famiglia di don Vito Ciancimino, l’ex sindaco boss di Palermo. Questo ha scritto il gip Piergiorgio Morosini dopo aver letto le intercettazioni fra il principale prestanome dei Ciancimino, l’avvocato Gianni Lapis, e Saverio Romano, oggi ministro dell’Agricoltura. «Quei colloqui del settembre 2003-marzo 2004 sono rilevanti», ha deciso il giudice, dunque devono essere trasmessi alla Camera dei deputati, che dovrà  autorizzarne l’utilizzazione. Era quanto chiedevano i pm Nino Di Matteo, Sergio Demontis e Paolo Guido, che da due anni ormai indagano su Saverio Romano per corruzione aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. «Secondo l’accusa – ricorda il gip – Romano, nello svolgimento delle sue funzioni pubbliche, si sarebbe messo al servizio degli interessi delle predette società ».
Il ministro ha sempre negato di aver ricevuto soldi da Lapis o dal gruppo che rappresentava. Ha negato soprattutto di avere fatto favori all’insospettabile prestanome dei Ciancimino, che ufficialmente era solo un avvocato tributarista e docente universitario. Ma 25 intercettazioni sembrano dire diversamente. Il gip le ripercorre in un’ordinanza di 40 pagine, che si conclude in maniera pesante per il ministro: ha avuto un rapporto di «stabile disponibilità » con Lapis.

L’EMENDAMENTO ALLA FINANZIARIA
È il 3 dicembre 2003, Lapis (L) chiede a Romano (R) di inserire una modifica in favore delle società  che si occupano di metanizzazione.
L: «Avevo bisogno di un’informazione, poi domani ci vediamo… due cose mi serviva sapere, state ritirando tutti quanti gli emendamenti dalla finanziaria?»
R: «No, solo quelli del governo».
L: «Un attimo, ti do… eh, Monia mi dai quell’emendamento… c’è un emendamento che è stato presentato sembra stamattina».
R: «Sì, chi l’ha presentato?»
L: «Sembra… non lo sappiamo… l’ha presentato per conto delle municipalizzate… per il metano».
R: «Sì».
L: «Eh siccome vorremmo capire cos’è… e non dovrebbe interessare il settore privato, quindi, in tutti i casi se passa dovreste integrarlo, che non riguarda il settore privato».
R: «Ah, ho capito».
L: «Va specificato meglio questo emendamento».
R: «Eh, fai una cosa, mandami un fax».
L: «Va bene, aspetta me lo segno, 06…».

IL CONTATTO AL MINISTERO
Quel 3 dicembre 2003, Romano è in aula, la comunicazione s’interrompe. Lapis richiama.
L: «Saverio, io ho bisogno di andare un attimo… eh… se mi… però presentato o accompagnato… al ministero delle attività  produttive, per sapere se hanno dato un parere con la legge Prodi per il gruppo Graci, perché c’è una transazione».
R: «E quando ci devi andare?»
L: «Appena tu mi dici che è possibile andarci, perché debbo sapere, perché loro hanno un obbligo di dare un parere… siccome c’è una transazione…».
R: «Eh».
L: «Per un mare di cause».
R: «Prossima settimana lo possiamo fare».
LA PRATICA DA SBRIGARE
A cosa serva quel contatto al ministero viene scoperto qualche giorno dopo dai carabinieri del gruppo Monreale, attraverso un’altra intercettazione. Lapis ha un contenzioso in corso con la Banca d’Italia e ha bisogno con urgenza di alcuni documenti. Il 20 gennaio 2004, alle 16.18, è Romano che telefona a Lapis.
R: «Mi puoi ricordare un attimo il nome della transazione».
L: «Graci… perché c’è sicuramente con la legge Prodi un parere sulla richiesta Banca d’Italia».
R: «Ti richiamo».
Ventisette minuti dopo, Romano telefona a Lapis.
R: «Senti Gianni, la persona che materialmente ha le carte sta a andando a Catania e rientra giovedì. Io tra l’altro giovedì non ci sono, si potrebbe fare martedì».
L: «No, non faccio a tempo, ho da consegnare le carte all’avvocato».
R: «Scusa un attimo Gianni». Romano si rivolge a un’altra persona: «Non fa a tempo perché deve compiere un atto ora…». Poi, dice a Lapis: «Aspetta, vediamo se se li fa mandare, stiamo cercando di recuperarli ugualmente».
È un pomeriggio frenetico. Tre minuti dopo, Romano telefona a Lapis e dice: «Perfetto, domani abbiamo appuntamento all’una al ministero».

Insieme a montecitorio
Il 21 gennaio, Lapis chiama Romano alle 10,41. Si danno appuntamento alle 12,45, a piazza Montecitorio. Il giorno dopo, il deputato chiama l’avvocato.
R: «Eh, io avrò le carte all’una e mezza».
L: «Perfetto, io sono in via Veneto».
R: «Allora ti chiamo non appena sono in materiale possesso delle carte».

QUEL MILIONE DALLA SVIZZERA
Nel gennaio 2004, Lapis e Massimo Ciancimino stanno curando la vendita del gruppo Gas agli spagnoli di Gas natural, per 120 milioni di euro. Il 18 gennaio, è l’avvocato Giorgio Ghiron a prelevare dal conto svizzero “Mignon” un milione e 330 mila euro, che Massimo Ciancimino porta a Palermo e consegna a Lapis. Al telefono, i due parlano di «operazione sottoveste». Il 28 febbraio, Lapis convoca il deputato regionale Udc Salvatore Cintola (C). Secondo i pm, è il momento delle tangenti.
L: «Ci vediamo alle dodici in studio?».
C: «Eh, concreto sei? Sì».
L: «Sì è logico, se no non ti faccio venire, ma scusa, non ti chiamo più, non ti voglio più bene».
C: «Gioia mia ti voglio bene».
L: «Eh, fai venire pure Saverio così do un compito…».
C: «No, Saverio non sai cosa gli è successo? Sua moglie mentre stava sciando ha preso una scivolata».
Il 3 marzo, Lapis chiama Romano. Concordano di vedersi il giorno dopo. All’ultimo momento, l’avvocato chiede al politico di raggiungerlo a casa: «Ho una piccola influenzella, non mi muovo. Ti aspetto alle quattro».


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