«Gestione dei soccorsi clientelare e razzista». Bufera sul governo turco

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 Non si placano le polemiche in Turchia dopo il devastante terremoto che ha colpito, domenica scorsa, la regione kurda di Van. Soccorsi lenti, insufficienti, ma soprattutto quel poco che è arrivato è stato distribuito dalla Mezzaluna Rossa (Croce Rossa turca) alle famiglie di poliziotti e cariche pubbliche dello stato. Le accuse vengono dalla gente che a cinque giorni dal sisma vive ancora all’addiaccio, con una coperta e un tozzo di pane. Le tende arrivate sono poche e “gestite” in maniera clientelare e razzista, dicono gli amministratori locali kurdi. Le immagini di padri di famiglia che hanno di fatto “requisito” i camion della Mezzaluna Rossa raccontano della disperazione di una popolazione discriminata anche nel momento della tragedia. Altro che «saccheggiatori senza scrupoli» come ha scritto più di un giornale anche straniero. Aysel Tugluk, deputata del Bdp (Partito della Pace e Democrazia), lo dice forte e chiaro: «Il governo islamico ha prima provveduto ai suoi e adesso, con molta disorganizzazione, si muove per gli altri». Tugluk è a Van da domenica. «La Mezzaluna Rossa dispone di 40 mila tende – racconta Tugluk – qui a Van ne servono almeno 120 mila. Per un paese che poggia su una faglia e è soggetto a terremoti devastanti e frequenti…»

Da ieri a Van nevica e la gente è disperata. Molti sono stati costretti a ritornare nelle case semidistrutte per cercare riparo dal gelo. Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan ha gettato benzina sul fuoco sostenendo che «qualche errore nell’organizzazione c’è stato ma poi sono stati i media a esagerare. E’ normale – ha aggiunto – che ci siano un po’ di confusione e ritardi nelle prime ventiquattro ore dopo un sisma. Succede in tutti i paesi del mondo».
Dichiarazioni che hanno suscitato la rabbia della gente lasciata per strada tra le macerie. «Erdogan – dice al telefono Ahmet, di professione musicista – è venuto qui a prenderci in giro. Le televisioni annunciavano aiuti ormai distribuiti ovunque ma noi qui siamo alla fame. Sì – aggiunge – ci hanno dato un po’ di acqua, pane e una coperta. Ma qui la gente rischia di morire assiderata». Che il razzismo nei confronti dei kurdi sia ancora strisciante in una parte della società  turca l’ha dimostrato anche la dichiarazione di una nota conduttrice televisiva. «Anche se è accaduto in una parte del paese dove vive gente che non mi piace – ha detto – mi dispiace per gli abitanti di Van colpiti dal terremoto». Frasi come queste non aiutano, come sottolinea il co-presidente del Bdp, Selahattin Demirtas, a «costruire quelle condizioni favorevoli a un dialogo, quell’ambiente favorevole alla ricostruzione di legami. Oggi – dice – sentiamo anche da tanta parte del paese un flusso di solidarietà  e fratellanza. È questo che dobbiamo privilegiare».
La gente di Van ha visto una grande mobilitazione da parte della regione kurda che in prima linea con i suoi sindaci ha mandato nella zona aiuti di ogni genere. Il sindaco di Diyarbakir, Osman Baydemir, fin da domenica sera aveva chiamato a raccolta tutti i sindaci della zona perché raccogliessero materiale e generi di prima necessità . E’ però lo stato che è mancato, o quanto meno è stato molto lento nel reagire alla tragedia. Le prime ventiquattro ore sono quelle cruciali, come sottolinea chi si occupa di protezione civile. È di vitale importanza arrivare nel luogo del sisma il prima possibile e il meglio equipaggiati possibile. Ma a Van almeno cinquanta villaggi sono rimasti isolati per quasi tre giorni.. L’unità  di crisi della presidenza del consiglio ha dichiarato ieri che i morti accertati sono 534, mentre i feriti sono saliti a 2.300. Il terremoto è stato di magnitudine 7.2 della scala Richter.


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