by Sergio Segio | 3 Ottobre 2011 6:07
ROMA — La linea ufficiale è quella, attendista, che ripeteva anche ieri Fabrizio Cicchitto: «Vogliamo portare avanti le riforme costituzionali e votarle almeno in prima lettura. Poi penseremo alla legge elettorale». Parole caute, se si pensa che la bomba referendum — con il suo carico di umori antigovernativi —, potrebbe far esplodere il governo.
Così ci si chiede: possibile che il centrodestra affronti l’appuntamento referendario senza una proposta nero su bianco che faccia da testo base ai distinguo degli uni e degli altri, e si muova in ordine sparso, come dimostra la frattura nella Lega dove Maroni si dice favorevole a far svolgere la consultazione e Calderoli contrario?
Può darsi, come dice Pier Ferdinando Casini, che la realtà sia proprio quella che si vede: non c’è un’idea, non c’è il clima, la legge elettorale «non si farà mai» e quindi molto meglio andare a votare per il referendum «come dice Maroni». Ma può darsi anche che la soluzione per uscire dall’impasse sia già lì, sotto il naso di tutti, pronta a essere tirata fuori ufficialmente dopo un po’ di discussioni più o meno inconcludenti. E che sia proprio questa l’arma con la quale il centrodestra pensa di sterilizzare il referendum.
Lo dice con chiarezza Ignazio La Russa: «Se si vuole un’intesa vera e solida, siamo disponibili a siglarla. Siamo d’accordo in molti nel mio partito, anche Alfano: chi ha firmato il referendum voleva cambiare questa legge nel punto più contestato, e cioè le liste bloccate, la gente ci chiede di poter scegliere i propri eletti. Bene, allora — come ha proposto per primo Nania — emendiamo l’attuale legge introducendo le preferenze, e il problema è risolto». Se invece, avverte La Russa, «il problema è un altro», e cioè «si vuole usare il referendum come cavallo di Troia per smontare il bipolarismo, beh non ci staremo mai».
È insomma questa la tentazione del centrodestra, nonostante ancora siano molte le voci dissonanti all’interno della coalizione: limitarsi a una correzione piccola piccola, per evitare di essere travolti da un’onda i cui effetti sono al momento difficilmente immaginabili. Certo, che non sia facile lo sanno bene nell’entourage di un Berlusconi apparso ai suoi piuttosto distaccato rispetto al tema: ieri il premier ha passato la giornata con i figli e ha rimandato a martedì — quando dovrebbe tenersi un vertice di maggioranza con i capigruppo a palazzo Grazioli — tutti i nodi da sciogliere, dal decreto sviluppo a Bankitalia alla legge sulle intercettazioni.
«Se siamo pronti a procedere anche a maggioranza sulla legge elettorale? È presto per dirlo…», frena La Russa. E nessuno nasconde che il mero inserimento delle preferenze nel Porcellum può portare a sbattere, perché — sostiene il fli Benedetto Della Vedova — è «evidente che tale modifica non rispetterebbe lo spirito del quesito proposto e non sarebbe sufficiente a sospendere la consultazione referendaria». Ma questi sono, dicono nel Pdl, problemi del dopo. Adesso si devono evitare spinte centrifughe per tenere vivo il governo, e spaccarsi sulla legge elettorale impedirebbe di ottenere il risultato.
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