«Precari, abbiamo sbagliato tutti, è ora di dare loro un contratto»

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«È chiaro che abbiamo sbagliato qualcosa, se gran parte del lavoro oggi è precario. Per anni l’obiettivo del sindacato è stato abolire la legge 30 del 2003. Invece, forse, avremmo dovuto pensare a contrattualizzare chi aveva una forma di lavoro flessibile. Abbiamo pensato: risponderemo loro quando cancelleremo la legge. Ma intanto il tempo è passato, i precari sono aumentati, e non si è fatto che dare risposta ai soliti». Fa autocritica sulle politiche messe in campo dai sindacati per tutelare gli «atipici». E ammette che, se il futuro delle donne nel nostro Paese deve passare attraverso un «rigoroso cambio di linguaggio», il numero uno del sindacato italiano più «pesante», la Cgil, può essere chiamato «segretaria generale». Davanti ad una platea di almeno duemila persone che alle due di pomeriggio sfidano un sole quasi agostano, Susanna Camusso, invitata a Ferrara per l’ultima giornata del festival di Internazionale, risponde alle domande dei corrispondenti di Libération, El Mundo e Tageszeitung sulla «generazione mille euro» che in Italia raggiunge vette pari a due milioni e mezzo di (ormai ex) giovani.
Sul maxischermo montato sul palco di piazza Municipio scorrono i volti di ragazzi intervistati nei giorni del festival, che ragionano sulla propria condizione di lavoro. E quando viene chiesto loro cosa direbbero alla segretaria generale della Cgil, rispondono: «Anche gli atipici devono rientrare nella contrattazione». Mentre una ricercatrice trentanovenne sorride alla telecamera e chiede: «Noi donne dobbiamo cambiare sesso?». A trasformare l’Italia in un Paese da dove i cervelli fuggono, e che Eric Jozsef di Libération definisce «quello con il tasso di precarizzazione più alto d’Europa», per Camusso ha contribuito un «atteggiamento culturale nei confronti di istruzione e scuola che ha trovato il suo esecutore materiale nella ministra Maria Stella Gelmini».
Ma se siamo arrivati ad un mercato fatto di «quarantasei tipi diversi di rapporti di lavoro, che significa non avere di fatto un rapporto di lavoro ma un menù alla carta», le responsabilità  vanno rintracciate anche negli «errori di politica e sindacati». «Abbiamo pensato che quello dei contratti a termine, e dei co.co. co. fosse un fenomeno marginale e facilmente riassorbibile ragiona la segretaria -. Invece, purtroppo, questa è diventata la condizione di vita prevalente per un’intera generazione». Che fare allora per rispondere ai tanti sms inviati dal pubblico ad un numero ad hoc, che chiedono a Susanna Camusso di potersi lasciare alle spalle anni di precarietà ? «A 35 anni ho messo da parte l’idea di fare un figlio scrive, ad esempio, una ragazza -: posso sperare che almeno il mio fratello minore vivrà  in una situazione migliore?». Mentre un altro messaggio propone «un salario orario minimo, per evitare di lavorare tutto il giorno tutti i giorni per 600 euro al mese». Il «salario minimo garantito non risolve il problema ragiona Camusso -: perché le norme per il riconoscimento e la retribuzione delle mansioni ci sono». Ma vengono sistematicamente bypassate. Occorre, allora, «cambiare le leggi». E, contemporaneamente, «lavorare alla contrattualizzazione dei precari, rendere i precari visibili. E lottare perché non si assottigli ancora la loro possibilità  di difendersi».
«MANIFESTO» E DINTORNI
Susanna Camusso sull’oggi vede cose buone e cose meno buone. Non risparmia una stoccata al governo Berlusconi («manca l’interlocutore con cui fare un “patto sociale”. E questo, di interlocutore, prima se ne va e meglio è»). Sul «Manifesto» delle imprese guarda la parte del bicchiere mezzo pieno: «Occorre distinguere il valore simbolico dei gesti, che sono coerenti con il messaggio di discontinuità  che in questi giorni viene da tutti i soggetti sociali, dai contenuti». Nel merito comunque la Confindustria «non è sufficientemente coraggiosa sul tema dell’imposta patrimoniale», e propone soluzioni alla crisi «ancora troppo permeate da una logica» che in realtà  la crisi se l’è portata con sé. A partire dall’idea di una «costante riduzione del perimetro dello Stato a scapito dei servizi» e dalla perenne richiesta di «innalzamento dell’età  pensionabile, quando poi negli ultimi anni le imprese non hanno fatto che sollecitare incentivi al pensionamento».
Infine, Della Valle. Per Camusso «parte dal presupposto sbagliato che tutti i politici siano uguali, e che tutta la responsabilità  della situazione sia della politica». «Invece aggiunge anche la classe dirigente di questo Paese ha le sue responsabilità , come nel caso della finanziarizzazione dell’industria». «La logica dell’ antipolitica è preoccupante, perché rappresenta un terribile viatico all’ avventura autoritaria», conclude la segreteria Cgil.


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