L’Ue presenta il conto alle banche italiane Istituti all’attacco: così a rischio la ripresa

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Complessivamente, per le 70 banche prese in considerazione, la necessità  di nuovi interventi ammonterebbe a 106,4 miliardi di euro, per le cinque italiane — Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Ubi Banca e Banco Popolare — in particolare sarebbe di 14 miliardi e 771 milioni. Fatti i conti, solo la prima, Intesa Sanpaolo, farebbe percorso netto, non dovrebbe cioè fare aumenti.
L’esercizio dell’Eba, spiegano da Via Nazionale, è stato condotto sulla base dei dati contabili riferiti a giugno 2011, ma tenendo conto anche delle variazioni di valore delle esposizioni verso gli Stati registrate fino a settembre per raggiungere un Core Tier 1, cioè il capitale di migliore qualità , del 9%. E tra i titoli a rischio vi sono quelli di Grecia, di Portogallo e Irlanda, ma anche di Spagna e di Italia che sono stati contabilizzati al valore di mercato. Già  anche i Bot e Cct nel portafoglio delle banche italiane, che sono tantissimi, sono stati «pesati» in base alle oscillazioni di mercato e quindi, visto come sono andate le cose ultimamente, svalutati. Il risultato è che si è abbassato per tutti i primi cinque gruppi italiani il livello del capitale di riferimento, il Core Tier 1.
Per Unicredit il buffer, cuscinetto aggiuntivo che sarebbe pari a 7,3 miliardi di euro, la cifra più alta fra le italiane, che però se si tengono conto dei cashes, cioè degli strumenti convertibili in azioni ordinarie, scenderebbe a 4,3 miliardi. «La cifra non ci sorprende ed è gestibile», ha commentato l’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni secondo il quale il piano industriale del gruppo non cambierà .
Significativa anche la cifra dell’aumento di capitale che potrebbe essere chiesta a Mps, 3 miliardi di euro, che anche qui si potrebbe azzerare considerando altri strumenti (Cd Fresh 2003) convertibili in azioni. «Decisioni di questo genere mettono a rischio la ripresa economica e la tenuta sociale dell’Europa e penalizzano le banche che hanno in questi tempi difficili continuato a fare credito a famiglie, imprese e pubblica amministrazione» protesta però l’azionista forte della banca senese la Fondazione Montepaschi.
Il Banco Popolare secondo l’Eba avrebbe bisogno di 2,8 miliardi di capitale in più che, fa sapere la banca, potrebbe essere reperito con l’anticipo della conversione di prestiti obbligazionari. Per Ubi Banca infine il fabbisogno aggiuntivo sarebbe pari a 1,48 miliardi che potrebbe essere raggiunto «senza ricorrere al mercato».
Intesa Sanpaolo non avrebbe bisogno di nulla perché anche dopo la sforbiciata sui titoli di Stato, il Core Tier 1 che attualmente viaggia sul 10,2% si attesterebbe al 9,2%, e quindi al di sopra dell’asticella del 9% fissata a Bruxelles. Il fabbisogno effettivo di capitale per coprire il buffer sarà  comunicato dall’Eba in novembre, ricorda ancora la Banca d’Italia, che come aveva rilevato mercoledì alla giornata del Risparmio Mario Draghi, Governatore uscente della Banca d’Italia e presidente della Bce dal 1 novembre, è una misura «temporanea» per far fronte al rischio sovrano.
In ogni caso la vigilanza dell’Istituto di via Nazionale si attende, così come indica l’Eba, che per raggiungere l’obiettivo del 9% di requisito di capitale le banche «limitino la distribuzione di dividendi e di bonus». Sarà  anche possibile utilizzare strumenti di contingent capital, cioè convertibili in azioni di nuova emissione sottoscritti da privati se «coerenti con i criteri severi e omogenei» stabiliti dall’autorità  europea. Inoltre così come ha convenuto il Consiglio europeo, mercoledì, le banche dovrebbero in prima istanza, utilizzare fonti di capitale privato; se necessario i governi potrebbero offrire aiuti pubblici e qualora ciò non fosse possibile, la ricapitalizzazione sarebbe finanziata tramite un prestito del Fondo europeo per la stabilità  finanziaria (Fesf) per i Paesi di Eurolandia. «Il sistema bancario italiano è solido», ha ribadito ieri il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola
Meno colpite delle italiane le banche francesi e tedesche per 8,8 e 5,2 miliardi visto che nel computo sono inclusi solo i titoli di Stato e non l’esposizione generale (anche impieghi a famiglie e imprese) verso i Paesi a rischio, molto più alta per gli istituti di Parigi e Berlino. Nettamente peggio stanno le banche greche (30 miliardi di capitale aggiuntivo necessario) e spagnole (26,1 miliardi).


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