Mattarella alla Consulta Deciderà  sul referendum

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ROMA — Sergio Mattarella — 70 anni, ex dc, vicepremier nel governo D’Alema nonché padre della legge elettorale cosiddetta «Mattarellum» — ed Ettore Adalberto Albertoni — ex socialista e poi uomo della Lega nel cda Rai per ben due mandati — sono i candidati per ricoprire, rispettivamente, i posti vacanti da mesi di giudice costituzionale e di consigliere laico del Csm.

L’accordo è stato raggiunto a livello di capigruppo parlamentari in vista della seduta comune di Camera e Senato prevista per oggi pomeriggio. Serviranno 420 voti (i due terzi) per la Consulta e 378 (i tre quinti) per Palazzo dei Marescialli, per cui gli occhi sono puntati sui possibili assenti (da non escludere il martedì) che potrebbero impedire il raggiungimento del quorum.

L’accordo politico arriva dopo 5 mesi di impasse: il 29 aprile, infatti era scaduto il mandato del giudice costituzionale Ugo De Siervo (di area cattolica-popolare come Mattarella) mentre il 13 aprile il Csm aveva dichiarato decaduto per incompatibilità  il consigliere Matteo Brigandì (leghista della prima ora come Albertoni). E ci è voluta una lettera del capo dello Stato, che all’inizio di settembre ha scritto a Schifani e a Fini per sollecitare, dopo 4 fumate nere, una svolta attraverso «la ricerca di soluzioni concordate».

Adalberto Ettore Albertoni — che è stato anche assessore alle Culture, identità  e autonomie della Regione Lombardia — ha avuto un periodo di notorietà  nel 2003 quando è rimasto da solo, con il presidente Antonio Baldassarre, nel cosiddetto «cda Smart» della Rai.

Ma ora sarebbe l’elezione di Sergio Mattarella a innescare un meccanismo di coincidenze non previsto. È vero, il nome dell’ex esponente di punta della sinistra dc gira da molti mesi come possibile giudice costituzionale (in realtà  si è parlato a lungo anche di Luciano Violante): ma, adesso, la prossima scadenza della Corte (che entro il 10 febbraio dovrà  giudicare l’ammissibilità  del referendum elettorale) rischia di aprire una sorta di «cortocircuito» che però né Mattarella né altri potevano immaginare.

L’oggetto del referendum voluto da un milione e 200 mila cittadini è infatti la cancellazione del «Porcellum» (la legge Calderoli del 2005) per far ritorno, con una sottrazione legislativa, al «Mattarellum» del ’94. L’operazione è, per ammissione degli stessi promotori, al limite della costituzionalità  e quindi tutti gli occhi saranno puntati sui 15 giudici — Mattarella compreso, se verrà  eletto — che tra meno di quattro mesi avranno in mano le sorti della legislatura.

E il dibattito referendario è aperto più che mai anche dentro il centrodestra. A chi, come il ministro La Russa, propone una semplice operazione di maquillage al «Porcellum», introducendo la preferenza, risponde Franco Frattini: «Il quesito referendario è politico, va rispettato senza cercare delle alchimie per bypassarlo. Serve rispetto e proprio perché il quesito è politico la risposta non può essere burocratica». Ma nello stato maggiore del Pdl c’è chi continua a escludere l’ipotesi di un referendum che spazza via tutto: «Nel 2012 o non si vota per nessuno dei due o si vota solo per le Politiche», è infatti la previsione di Gaetano Quagliariello. E tanto per essere chiari, aggiunge il vicecapogruppo del Pdl al Senato, «la vedo difficile che si possa votare per il referendum».


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