Prescrizione breve, è scontro Pd e Idv strappano un rinvio

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ROMA – In Svizzera, è notizia di ieri, vogliono allungare da sette a dieci anni la prescrizione per i reati economici in modo da garantire l’accertamento dei fatti. In Italia, a palazzo Madama, la maggioranza di Berlusconi si batte per l’obiettivo opposto. Accorciare la prescrizione se l’imputato è incensurato. Il primo imputato cui la norma si applicherebbe è lo stesso premier per cancellare il processo Mills. Inevitabile lo scontro e il braccio di ferro. In commissione Giustizia, per ore, si fronteggiano partiti di governo e d’opposizione. Da mattina a sera. Prima riunione alle 8 e trenta. La seconda alle 14. Il presidente della commissione Filippo Berselli, quando sono ormai le 16 e la seduta sta per finire, e dei 150 emendamenti se n’è discusso uno solo, minaccia: «Adesso convoco la notturna». Esce il dipietrista Luigi Li Gotti ridendo: «Che lo facciano pure, tanto io soffro d’insonnia. Ma è singolare che questa maggioranza voglia fare le ore piccole su un provvedimento irragionevole e incostituzionale». A seduta finita, camminando verso l’aula, ecco la soddisfazione del Pd nelle parole della capogruppo in commissione Silvia Della Monica: «Li abbiamo fermati. Volevano approvare la legge e invece non sono riusciti a fare neppure un voto. Non si può dire sì all’ennesima legge ad personam che toglie giustizia a decine di migliaia di cittadini». Il centrista Achille Serra parla di «prepotenza antidemocratica».
È una legge che, secondo il vice presidente del Csm Michele Vietti, «finirebbe per condannare a morte sicura un numero molto considerevole di processi». Non fa previsioni sui numeri, ma pronuncia una frase a effetto per spiegare le conseguenze della prescrizione breve: «È come dire che se il malato non guarisce entro un certo tempo lo ammazziamo prima che finisca la cura». Insiste: «La soluzione non è quella di ammazzare il processo, ma di celebrarlo il prima possibile». Dal Csm all’Anm, il cui presidente Luca Palamara definisce il ddl in corsa al Senato «un’amnistia mascherata in particolare per i delitti di corruzione», per giunta in netta contro tendenza con quanto ci chiede l’Europa. «I fatti di corruzione vengono scoperti a distanza di anni e con una prescrizione così breve risulterebbe difficile poterli realmente accertare».
Alla fine però al Senato, almeno per questa settimana, non se n’è fa nulla, se ne parla la prossima. Anche se l’ordine di scuderia era quello di votare e chiudere subito il ddl. I capigruppo del Pdl non hanno ancora chiesto di calendarizzarlo per l’aula. Uno snodo fondamentale perché, se passa al Senato, quella norma di poche righe diventerà  subito legge. Sempre che il Colle la controfirmi. Il governo è deciso e vuole correre. Lo dice il relatore Giuseppe Valentino: «Non avremo certamente esitazioni nel far diventare, come nostro dovere, celermente legge la prescrizione breve». Controbatte la presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro: «Non è il momento, di fronte a un’assoluta inadeguatezza e debolezza del governo, di infilare tra le pieghe un ddl che sarebbe inaccettabile proporre anche solo sotto il profilo della decenza». Berselli insiste: «Visto l’evidente e feroce ostruzionismo che paralizza i lavori non resta che andare in aula senza relatore». Il Guardasigilli Nitto Palma, che per un appuntamento si trova casualmente fuori la porta della commissione, attenua i toni: «Ostruzionismo? È nel legittimo potere dell’opposizione».


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