“Un rogo a Sirte per far sparire i cadaveri” il Cnt sotto accusa per le esecuzioni dei lealisti

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TRIPOLI – «È il prezzo di sangue che si paga alla guerra». Con questa risposta il portavoce del ministero della Difesa del Consiglio nazionale transitorio libico, Ahmed Bani, ha liquidato ieri le domande sulle esecuzioni sommarie di fedeli di Gheddafi a Sirte. Sul governo provvisorio libico la pressione internazionale aumenta perché si faccia chiarezza, oltre che sulle circostanze della morte del colonnello, sulla sorte di centinaia dei suoi soldati dopo la battaglia di Sirte. Nella città  conquistata per ultima, giovedì scorso, le prove che ci siano state numerose violazioni dei diritti umani si sommano di giorno in giorno e ci sono indicazioni che, invece di perseguire i responsabili, il Cnt stia lasciando mano libera ai ribelli.
Sabato a Sirte, secondo quanto è stato possibile accertare, intorno al convoglio di Gheddafi c’erano almeno 12 cadaveri che non presentavano ferite da scontro a fuoco, ma avevano un solo foro di proiettile alla nuca. Le domande dirette ai ribelli sul trattamento dei prigionieri hanno sempre avuto risposte evasive e nei giorni successivi più testimoni hanno visto che molti corpi sono stati bruciati prima che arrivasse la Mezzaluna Rossa per il riconoscimento. Human Rights Watch ha denunciato lunedì il ritrovamento in un hotel di Sirte di 53 cadaveri abbandonati, molti avevano le braccia legate dietro la schiena e segni che facevano pensare a esecuzioni sommarie. La sfiducia verso i ribelli è tale che ieri mattina, quando un comandante del Cnt ha comunicato all’agenzia France Presse «un’esplosione di due depositi di carburante» a Sirte con «decine di corpi carbonizzati», l’operatore di una organizzazione di volontari di Misurata, incaricati di aiutare i civili rimasti a Sirte, ha detto al telefono – sotto promessa di anonimato – che i militari hanno impedito l’accesso al luogo dell’incidente per curare i feriti e ha ipotizzato che il rogo sia stato un espediente per sbarazzarsi in fretta di alcune decine di cadaveri.
Ieri pomeriggio, in una conferenza stampa indetta per «ringraziare la stampa internazionale per aver seguito il conflitto in Libia» il portavoce del ministero della Difesa, Ahmed Bani, alla domanda sulle presunte atrocità  commesse dall’esercito ribelle ha risposto: «Voi giornalisti non eravate sul campo di battaglia. I cadaveri di Sirte sono tutti di uomini morti in combattimento e i nostri ribelli hanno compiuto il loro dovere per la liberazione. Quanto alle accuse di esecuzioni sommarie e maltrattamenti, Bani ha aggiunto: «Puniremo gli abusi, ce lo impongono i nostri valori islamici, seguiremo la nostra etica musulmana. Tutti i prigionieri, di cui non sappiamo il numero esatto, avranno un giusto trattamento». Ieri L’Onu ha chiesto al Cnt di avviare «indagini, indipendenti, imparziali e trasparenti su tutte le presunte violazioni dei diritti dei prigionieri, se necessario, con il sostegno della comunità  internazionale», ma Bani, ancora una volta, ha evitato di specificare chi farà  parte della commissione per accertare e punire gli abusi.


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