Welfare, Ranci: “Basta disuguaglianze. Il sistema va riequilibrato”

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MILANO – “Il tentativo è stato quello di fare luce sulle politiche sociali e sui forti squilibri in atto”. Costanzo Ranci, docente di sociologia al Politecnico di Milano, fa il punto sulla tre giorni Espanet tenutasi proprio a Milano (si è chiusa sabato) e di cui è stato coordinatore. Una tre giorni di lavori che ha visto darsi appuntamento al Politecnico ben 200 esperti e studiosi, italiani e stranieri.
“Quando parliamo di squilibri – afferma Ranci – parliamo per esempio dell’eccessivo peso delle pensioni sulla spesa pubblica. In molti Paesi europei il sistema è organizzato attorno a tre pilastri: pubblico (per la pensione-base), privato legato alla contribuzione volontaria e privato tout court. In Italia abbiamo il primo pilastro che assorbe una grande quota di risorse. Sto parlando della pensione legata alla posizione lavorativa, che dà  indietro il 70% della retribuzione, a fronte del 50% della media Ue. Il secondo pilastro è costituito dal Fondo pensioni, istituito poco tempo fa in Italia e che sembra destinato al fallimento. Chi ne parla più? I fondi pensione non decollano. E i più deboli ne sono fuori. Parlo dei precari, dei giovani, di chi non può contare su un lavoro tipico. E poi ci sono le pensioni private, che in Italia non riscuotono grande successo”.
Nel corso della conferenza Espanet, gli studiosi hanno proposto alcune ricette, a partire dalla “necessità  di riforme che mirino a ridurre le disuguaglianze: sia nel primo pilastro che nella previdenza integrativa, per proteggere le categorie fino ad oggi dimenticate. Parliamo di giovani, donne e lavoratori atipici”.

Qualcuno in questi giorni, a proposito di welfare, ha parlato della reale possibilità  di “fare le nozze con i fichi secchi”. Ma così dicendo ha di fatto dato conforto a chi ha sempre parlato di un settore che ha sprecato molto nel recente passato… Puntualizza Ranci: “Io a questa politica al ribasso non sono molto interessato. Tra l’altro ci sono soldi che il governo perde, senza che questo scandalizzi o entri nelle agende di discussione politica. In tema fiscale, per esempio, solo poco tempo prima che fosse varata la manovra, il Governo aveva introdotto il sistema della ‘cedolare secca’ per gli affitti, misura a favore dei proprietari di appartamenti. Con l’introduzione di questa misura, la perdita secca per lo Stato è di 1,1 miliardi di euro. Mi chiedo: una mossa così, prima dei tagli richiesti dalla situazione economica, che senso ha avuto? Di certo ha avuto un effetto redistributivo perverso”.

In questi mesi nel nostro Paese si è fatto comunque un pesante ricorso al misure di protezione… “Vero – afferma Ranci – gli effetti della crisi economica hanno richiesto misure ad hoc del Governo. Penso alla Cassa integrazione. Ma sono state misure che hanno portato a una ‘dualizzazione’ ulteriore: hanno protetto i protetti, mentre non ha potuto usufruire chi di più soffre la precarietà  dei legami lavorativi. Il sistema della cassa integrazione ha finanziato i lavoratori dai 40 anni in su, che di fatto hanno potuto continuare a mantenere i livelli di consumo. E gli altri?”.

Squilibri, dunque. “Il sistema va riequilibrato tra i diversi portatori di interesse – continua Ranci – tenendo conto che il sistema assistenziale è costruito per i ‘perdenti’…”.
E di squilibri si può parlare anche a proposito dei tagli apportati al Fondo politiche sociali. “Altro che tagli lineari – precisa Ranci -. Le conseguenze non sono affatto ‘lineari’. Il taglio al Fondo ha comportato per la Lombardia un calo del 15% della spesa sociale. Ma da Roma in giù il peso è stato decisamente maggiore, dal 40 al 60%! Dunque servizi sociali dimezzati proprio laddove il disagio contava su queste misure. Insomma, i tagli sembrano uguali per tutti, ma non è così. Se non associamo il fatto contabile a una esigenza redistributiva, finiamo per colpire solo i soggetti più deboli”, ha concluso. (da.iac)

 

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