Amnesty: “La Shell paghi 1 miliardo per bonificare il Delta del Niger”

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Lo scorso agosto, il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) con un rapporto ha certificato l’inquinamento da petrolio in corso da molti anni e ha raccomandato l’istituzione di un Fondo per il recupero ambientale da finanziare inizialmente con un miliardo di dollari e poi con ulteriori successivi contributi. La Shell, che ha dichiarato utili per 7,2 miliardi di dollari per il periodo luglio-settembre, offrì inizialmente alla comunità  di Bodo 50 sacchi di riso, fagioli, zucchero e pomodori.

Nel 2008 due fuoriuscite consecutive, causate dal cattivo stato dell’oleodotto, riversarono migliaia di barili di petrolio sulla terra e nell’acqua di Bodo, una città  di 69.000 abitanti. Entrambe le perdite proseguirono per settimane prima di essere fermate. Nessuna bonifica degna di questo nome è stata mai effettuata. La regione dell’Ogoniland, nel cuore del Delta del Niger che custodisce il 90% degli idrocarburi della Nigeria, la prima potenza petrolifera d’Africa.

“Il mancato intervento immediato per fermare le fuoriuscite e bonificare la zona inquinata a Bodo ha devastato la vita di decine di migliaia di persone. Bodo è un disastro che non avrebbe mai dovuto accadere, eppure a causa di quel mancato intervento della Shell va avanti ancora oggi. È il momento che questa compagnia multimiliardaria ammetta, pulisca e paghi” – ha dichiarato Aster van Kregten, ricercatrice di Amnesty International sulla Nigeria.

La situazione di Bodo è esemplificativa della più ampia realtà  dell’industria petrolifera nel Delta del Niger. Le autorità  semplicemente non controllano le compagnie. La Shell e le altre hanno la libertà  di agire, o di non agire, senza timore di essere sanzionate. In assenza di meccanismi di regolamentazione indipendenti, efficaci e ben finanziati, tanta altra gente continuerà  a soffrire a causa delle compagnie petrolifere” – ha sottolineato Patrick Naagbanton, coordinatore del Cehrd.

Quando Amnesty International ha chiesto alla Shell di rendere conto del proprio operato a Bodo, la multinazionale anglo-olandese ha dichiarato di non poter rispondere nel merito, dato che le fuoriuscite di petrolio erano al centro di un contenzioso legale nel Regno Unito. Lo scorso 3 agosto si è appreso che la Shell ha ammesso la responsabilità  per due grandi fuoriuscite verificatesi a Bodo, nell’Ogoniland, nel 2008. Ma, pur riconoscendo la responsabilità  e dicendosi impegnata “a ripulire l’olio versato e nel ripristino del terreno circostante”, con un comunicato ufficiale la Shell sosteneva che le iniziative per fronteggiare il problema sono pregiudicate dai continui atti di sabotaggio: un’affermazione messa profondamente in dubbio da Amnesty International e dal Cehrd.

La Shell sostiene spesso che la maggior parte delle fuoriuscite è dovuta al sabotaggio. Quest’affermazione è fortemente contestata dalle comunità  locali e dalle Organizzazioni non governative, secondo le quali il procedimento di raccolta dei dati sulle fuoriuscite è lacunoso. Persino nel caso di Bodo, in cui è acclarato che le fuoriuscite furono causate dalla negligenza della Shell, la compagnia ricorre alla scusa del sabotaggio per giustificare la mancanza di rispetto delle leggi e dei regolamenti nigeriani, che richiedono alle compagnie di bonificare e risarcire prontamente. Quella della Shell è una posizione insostenibile” – ha precisato Aster van Kregten. “I fatti sono chiari. Due fuoriuscite, entrambe per colpa della compagnia, entrambe lasciate proseguire prima di venire bloccate, nessuna delle due bonificata nonostante siano trascorsi tre anni. Non possono esserci scuse. Da qualunque punto di vista lo si consideri, è un fallimento aziendale” – ha commentato Patrick Naagbanton.

Il rapporto di Amnesty International e del Cehrd critica fortemente anche le agenzie governative nigeriane, per non aver saputo far valere le norme esistenti. Il ministero federale per le Risorse petrolifere, responsabile del rispetto di tali norme da parte delle compagnie, ha allo stesso tempo il ruolo di promuovere l’industria petrolifera e di massimizzare gli utili. L’Agenzia governativa per l’individuazione e la riparazione delle fuoriuscite di greggio (Nosdra) è inefficace e carente di risorse. Non ha modo di identificare autonomamente le fuoriuscite e dipende dalle informazioni che riceve dalle compagnie responsabili o dalle comunità  colpite. La Nosdra ha ripetutamente omesso di applicare gli standard vigenti nel caso delle fuoriuscite di Bodo. Il recente rapporto dell’UNEP ha sottolineato che, rispetto alle fuoriuscite di greggio, “le agenzie governative sono alla mercé delle compagnie petrolifere quando si tratta di condurre ispezioni sui siti”.

Lo scorso maggio gli attivisti della Sezione Italiana di Amnesty International e della Campagna per la riforma della Banca mondiale (Crbm) protestato fuori dal palazzo dell’ENI durante l’assemblea degli azionisti dell’azienda all’Eur di Roma con spazzoloni e ramazze per sensibilizzare i soci della multinazionale italiana che opera in Nigeria attraverso la consociata Nigerian Agip Oil Company (Naoc), sulla necessità  di bonifica delle aree inquinate nella zona del Delta del Niger.

Amnesty International dal maggio del 2009, nell’ambito della sua campagna globale “Io pretendo dignità ” sta svolgendo un’azione di pressione per la responsabilità  delle aziende che operano nel Delta del Niger. Nel febbraio scorso, Amnesty International e Friends of the Earth International (FoEI) hanno presentato un reclamo ufficiale contro la Shell “per violazioni degli standard di base sulla responsabilità  delle imprese” stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). [GB]


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