Bersani e Casini pronti alla svolta “È per l’Italia, non sarà  un ribaltone”

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ROMA – L’accelerazione sulla legge di stabilità  è cosa fatta. Consente di archiviare già  lunedì le dimissioni alla moviola, ultimo regalo avvelenato di Berlusconi al paese, come il mercoledì nero dei mercati dimostra. La sfida ora è un’altra: è il “sì” al governo di responsabilità  nazionale con Mario Monti alla guida, magari in un ticket con Giuliano Amato. Sono gli incontri (Casini e Bersani hanno un lungo colloquio prima della riunione dei deputati democratici), i colloqui con il Quirinale, e a sera la riunione del “caminetto” dei Democratici, a scandire la giornata di Pd e Terzo Polo. Bersani e Casini dichiarano di essere pronti a salire al Colle per chiedere un governo di larghe intese. Il segretario democratico e il leader centrista ripetono che «nessuno vuole ribaltoni», nessuno pensa a operazioni di piccolo cabotaggio con una maggioranza raccogliticcia. «Noi siamo pronti perché qui c’è di mezzo il paese», è il leit motiv del “caminetto” al Nazareno. Nelle conclusioni, Bersani ribadisce: «No ribaltoni, no a governi Scilipoti. L’operazione del governo di emergenza deve essere vera, ampia, credibile altrimenti non si salva il paese. La svolta deve essere discontinua, autorevole anche nel modo di presentarsi al mondo. Da tempo avevamo visto i rischi che correva il paese, adesso a quel bivio ci siamo arrivati». E sul partito: «Il Pd può diventare il partito del secolo».
Casini al Tg1 afferma che «ci vuole una corresponsabilità  delle forze maggiori» e dà  per acquisito anche il senso di responsabilità  di Berlusconi. Poco prima, al Tg3, il segretario dei Democratici aveva assicurato: «Il Pd da un anno dice: o un governo diverso o andiamo a elezioni se no siamo nei guai seri e ora ci siamo. Noi abbiamo in mente solo l’Italia». E bacchetta Di Pietro e Vendola se si intesteranno battaglie “politiciste”, rompendo il fronte della responsabilità  per invocare elezioni: «Lo diranno loro al Colle. Sia chiaro che c’è la politica, c’è il politicismo ma prima c’è l’Italia». Consapevolezza e responsabilità  è quanto garantisce Bersani nella telefonata con il presidente Napolitano. Al Senato vengono tradotti da Anna Finocchiaro, la capogruppo, in una linea chiara: lettera comune delle opposizioni a Schifani per fare in fretta e approvare domani la legge di stabilità ; “no” al provvedimento (o non partecipazione al voto) ma sono ritirati tutti gli emendamenti. Idem Franceschini alla Camera.
Enrico Letta, aprendo la riunione del coordinamento democratico, ringrazia il capo dello Stato («Piena fiducia nella guida della crisi da parte di Napolitano») e giudica la nomina di Monti a senatore a vita una sorta di investitura. Il Pd è per un governo tecnico – conferma – «ma senza ipotesi ribaltonesche» e mette sul piatto anche la legge elettorale. Si parla nel “caminetto” delle condizioni perché un governo tecnico nasca. D’Alema chiede che dia segnali politici forti. Veltroni pensa a un esecutivo snello, con l’obiettivo di snellire la politica (dimezzare i parlamentari e abolire le province) e nel segno dell’equità . Aggiunge, però: «Dobbiamo essere tutti convinti di quello che stiamo facendo». «Il partito sia unito», invita Ermete Realacci citando un detto ebraico “Che tu possa vivere tempi interessanti”. Si smarca Stefano Fassina, il responsabile economia del Pd: «Stiamo attenti a un governo di responsabilità , potrebbe essere meglio il voto». All’opposto, Fioroni non vuole sentire parlare di un governo di larghe intese solo per tre mesi. Che senso avrebbe? Ne discute animatamente in Transatlantico con Rosy Bindi, tra le più convinte sostenitrici delle larghe intese, che lo rassicura: «Nessuno pensa a quest’ipotesi».


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Crescita «è una parola grossa», registra Bersani il giorno dopo il vertice del governo con la maggioranza. Ma «qualche risultato c’è stato» per aprire quella fase che appunto non sarà  di «crescita» (Monti lo ha spiegato: prima del 2013 non se ne parla), ma auspicabilmente almeno di «dare più lavoro».

LA TATTICA DEL PERDENTE

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Non sono passate nemmeno due settimane, ma sembra già  un ricordo appannato quello di Pier Luigi Bersani che sale sul palco del teatro Capranica accolto da un’ovazione nella notte delle primarie. In quel momento ad apparire ormai sbiadita era la foto del governo dei «tecnici», infilata nell’album dei ricordi dai milioni di cittadini in fila ai gazebo. In questa manciata di giorni sono accadute però molte cose.

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