Dal boia a 14 anni ora l’America rifà  il processo

by Sergio Segio | 18 Novembre 2011 7:51

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NEW YORK. Aveva quattordici anni, era alto un metro e mezzo, pesava 43 chili. Era così piccolo che quando venne posato sulla sedia elettrica gli dovettero mettere dei libri sotto il sedere per potergli attaccare gli elettrodi. Era il 16 giugno del 1944 e George Genius Stinney divenne il più giovane condannato a morte nella storia degli Stati Uniti. Adesso, a 67 anni di distanza, il suo caso è stato riaperto. Perché George era innocente.
Alcolu è una piccola cittadina della Clarendon County in South Carolina, uno di quegli Stati del profondo sud dove mezzo secolo fa la vita di un nero valeva quanto quella di un animale. George, come tutti quelli della sua razza, viveva nel povero ghetto, aldilà  della ferrovia che divideva l’Alcolu bianca e benestante dagli emarginati senza speranza. In un pomeriggio assolato, il 24 marzo 1944, Betty June Binnicker, una ragazzina di 11 anni, camminava insieme alla sua amichetta Mary Emma Thames, otto anni, in cerca di fiori lungo la ferrovia. Dall’altro lato George e la sorellina Aime stavano giocando a pochi passi dalla mucca “Lizzy”, l’unica fonte di sostegno di quella povera famiglia che sbarcava il lunario vendendo un po’ di latte. Betty June e Mary Emma si avvicinarono. Li conoscevano, tutti ad Alcolu conoscevano tutti, chi meglio di loro poteva suggerirgli dove trovare dei “maypops”, quel fiore della passione azzurro con i suoi frutti gustosi di cui erano tanto golose. Si scambiarono poche parole, poi Betty June e Mary Emma ripresero la loro passeggiata, George ed Aime se ne tornarono a casa.
All’imbrunire le famiglie delle bambine iniziarono a preoccuparsi. Betty June e Mary Emma conoscevano bene la zona, passeggiavano spesso lungo i binari e nei prati vicini, era escluso che si fossero perse. Iniziarono le ricerche, praticamente tutto il paese, bianchi e neri, guidati dal proprietario della falegnameria che dava lavoro a tutti (o quasi), si misero a battere ogni palmo di terreno attorno alla ferrovia. Cercarono per tutta la notte senza successo. Poi, erano le sette e trenta del mattino, vennero alcune tracce di passi e le forbici abbandonate che Betty June si era portata da casa per raccogliere i fiori. Infine i due corpi ormai senza vita. Giacevano una accanto all’altra, le teste brutalmente spaccate.
Dopo poche ore di indagini lo sceriffo H. S Newman aveva trovato il colpevole. George Genius Stinney venne prelevato senza tanti complimenti da casa e interrogato. C’erano solo poliziotti, nessun familiare, non un avvocato. Un rapido interrogatorio, una ancor più rapida confessione, sì disse George sono stato io ad ucciderle. Il movente? «Volevo fare sesso con Betty June». Per lo sceriffo (e per l’intero paese) il caso era chiuso, non c’erano dubbi.
Il 24 aprile, a un mese dal suo arresto, George venne processato. Nella grande aula del tribunale c’erano mille e cinquecento persone, solo posti in piedi. Alle dieci del mattino iniziò la selezione dei giurati. Vennero scelti solo uomini bianchi. Alle 14,30 il processo ebbe inizio, vennero le deposizioni fatte da George davanti ai poliziotti (due versioni totalmente differenti su come e perché le aveva uccise). L’avvocato difensore non fece obiezioni, non presentò nessun testimone a discarico (neanche la sorella Aime), si limitò a dire che l’imputato era troppo giovane per finire sulla sedia elettrica. Niente da fare, nella South Carolina del 1944 bastava aver compiuto 14 anni per essere messi a morte e George Stinney li aveva compiuti da qualche mese.
Alle 16,30 il processo era finito, i giurati si ritirarono in camera di consiglio e dopo soli dieci minuti emisero il verdetto: condannato a morte. Il difensore decise di non presentare appello e meno di due mesi dopo, il 16 giugno 1944 mentre l’America intera seguiva con il fiato sospeso quanto accadeva in Normandia dopo il D-Day, George Genius Stinney venne giustiziato.
Per l’avvocato Steve McKenzie, che ha deciso di riaprire il caso, nessuna giustizia è stata fatta e George è morto sulla sedia elettrica da innocente. «Oltre al fatto evidente che non ha avuto un processo equo in questa vicenda non ci sono prove, non ci sono confessioni scritte, ma solo quelle a voce fatte davanti a poliziotti bianchi. Non ci sono testimoni, non ci sono trascrizioni del brevissimo processo, niente che indichi che il ragazzo fosse colpevole». Chi ha studiato a fondo il caso sostiene che la “confessione” di George gli venne estratta con la promessa di avere un gelato.
Ora dipende tutto da Ernest “Chip” Finney, il procuratore distrettuale della Clarendon County, che dovrà  stabilire entro la fine dell’anno se fare o meno un nuovo processo. Aime Stinney ha oggi 72 anni e vive a Newark e quel fratello non lo ha mai dimenticato: «Volevano un capro espiatorio, l’hanno trovato. Ma George era innocente».

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