Dal Viminale nessun dossier specifico Gli analisti: non enfatizzare il disagio sociale

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Nessuna analisi specifica su rischi di terrorismo o di ripresa della lotta armata è stata inviata dalle forze dell’ordine o dai servizi di intelligence. Nessun allarme particolare è scattato dopo gli arresti dei giovani che hanno scatenato la guerriglia in piazza San Giovanni.
I rischi derivanti dalla crisi economica e dal disagio sociale, non vengono affatto sottovalutati dagli esperti. Ma sono proprio loro a sottolineare la necessità  di non enfatizzare questa situazione di malessere. Perché un conto è la rivolta di piazza e la volontà  di strumentalizzare le manifestazioni di dissenso ricorrendo anche ai tumulti e agli assalti contro le forze dell’ordine, altro è la strategia eversiva praticata con attacchi di tipo militare su obiettivi specifici e simbolici, come quelli dell’ultima esperienza brigatista.
Era stato proprio Roberto Maroni, prima in Senato poi alla Camera, a parlare di «terrorismo urbano» a proposito delle azioni di appartenenti all’area anarcoinsurrezionalista che avevano agito durante la manifestazione con l’obiettivo dichiarato di «spezzare» il corteo e vanificare la protesta pacifica. Ma le sue parole sembravano riferirsi alle tecniche utilizzate dagli «incappucciati» durante gli scontri, senza paventare l’esistenza di un «secondo livello» capace di farne scaturire un programma eversivo con «bersagli» di tipo istituzionale. Un salto di qualità  che invece pare ipotizzare il ministro Sacconi che, dopo aver parlato di pericolo terrorismo, ieri ha specificato di riferirsi a «nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta» e ha citato come esempio proprio i violenti della manifestazione di Roma del 15 ottobre scorso.
Le indagini su quegli episodi, affidate agli specialisti della Digos e del Ros, hanno mostrato l’esistenza di una strategia ben pianificata che prevedeva il reclutamento in ambienti dell’antagonismo e dell’autonomia, ma anche tra gli ultrà  dello stadio. Una realtà  variegata che al momento non appare in grado di andare oltre lo scontro di piazza. Un universo di piccoli gruppi difficilmente omologabili e riconducibili a un’unica organizzazione, che si cerca comunque di monitorare e tenere sotto controllo nel timore, sempre presente, del gesto eclatante, sia pur isolato.
Non a caso il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, pur sottolineando «il clima preoccupante e la fondatezza delle parole di Sacconi su possibili atti di violenza, anche gravi», conferma che «non c’è un allarme specifico sulla riorganizzazione del terrorismo».


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