Egitto, battaglia in piazza Tahrir irrompe l’esercito: undici morti

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GERUSALEMME – I vapori dei gas lacrimogeni avvolgono ancora i palazzi e le strade attorno a Piazza Tahrir, nel cuore del Cairo, da dove partì la rivoluzione che ha spodestato Hosni Mubarak dopo trent’anni di potere assoluto. In migliaia ieri sono tornati sulla Piazza simbolo del “nuovo Egitto” per denunciare i tentativi della Giunta di rallentare il processo democratico ed è stata battaglia. Due morti sabato notte, undici secondo Al Jazeera ieri, i feriti ufficiali oltre un migliaio, considerando che centinaia di manifestanti sono stati curati da medici volontari nelle moschee adiacenti, trasformate in improvvisati ospedali da campo. Il tentativo di sgombrare Piazza Tahrir ieri pomeriggio è stato duro, violento, feroce. Reparti anti-sommossa della polizia sparando gas lacrimogeni e pallottole di gomma hanno tentato di riprendere il controllo della piazza, respinti dalla folla che si è armata di bastoni, spranghe, sassi. Centinaia le persone pestate a sangue durante le cariche, intossicate dai gas mentre la polizia anti-sommossa si è abbandonata a durissime violenze. Nel web ci sono video drammatici di quei momenti, come quello in cui il cadavere di uno dei manifestanti, apparentemente ucciso per il pestaggio subito, viene trascinato da un poliziotto verso un cumulo di immondizie e abbandonato lì, sotto gli occhi indifferenti di altri agenti.
La contestazione alla Giunta militare adesso dilaga e va da un capo all’altro dell’Egitto, con marce in tutte le grandi città , ad Alessandria (dove sabato è stato ucciso un giovane), a Suez, a Ismailia e tra sette giorni si vota, nelle prime elezioni del dopo-Mubarak, per l’assemblea legislativa. Un voto che si svolgerà  per regioni e che andrà  avanti per mesi, prima dello svolgimento delle presidenziali previste alla fine del 2012 o inizio 2013. Solo allora i militari passeranno i poteri al nuovo presidente, ma senza dare nessuna data certa. Tempi troppo lunghi e incerti per l’opposizione che, non a torto, vede le manovre della Giunta militare guidata dal maresciallo Mohammed Tantawi per ritardare il più possibile il passaggio dei poteri a un governo civile. Al termine di una drammatica riunione d’emergenza con i suoi ministri il premier Essam Sharaf ieri ha confermato il voto per il prossimo 28 novembre, smentendo così le voci che erano circolate su un possibile rinvio vista la grave situazione interna e di sue dimissioni. E’ il ministro della Cultura invece che si è dimesso per protesta contro la repressione.
Un membro della Giunta, il generale Mohsen al-Fangari, ha assicurato ieri sera in tv che le elezioni si terranno come previsto e che l’esercito sarà  in grado di assicurare la sicurezza durante le elezioni. Sono molte invece le personalità  politiche e intellettuali, fra le quali l’ex capo dell’Aiea Mohammed El Baradei che si candiderà  alle presidenziali, che in un documento comune hanno chiesto un aggiornamento della data del voto nel quadro di una totale revisione del calendario elettorale. Solo i Fratelli musulmani, il più organizzato partito dell’opposizione, sono contro un rinvio perché pensano di stravincere nelle urne.
Ma la Piazza ha fretta. Vuole subito le dimissioni di Tantawi, un ultrasettantenne che fu per vent’anni ministro della Difesa di Mubarak, sostituire la Giunta con un Consiglio civile e una data certa dai militari per il pieno passaggio dei poteri a un governo eletto. Ma non è una operazione semplice e indolore in un Paese dove solo ex militari sono diventati presidenti (Nasser, Sadat, Mubarak) e dove la Difesa rappresenta un vero stato nello Stato con appannaggi e privilegi di casta che oggi appaiono insopportabili al “nuovo Egitto”. Quel che pensa la gente di Tantawi e della sua Giunta lo sintetizza un grande graffito comparso ieri sera sul muro della sede dell’Università  americana del Cairo, che si affaccia su Piazza Tahrir: “Il maresciallo è il cane di Mubarak”.


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