Fiat dopo Cristo: via tutti i contratti

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Dopo l’uscita dalla Confindustria, l’ultima doccia fredda sulla Fiom: dal 2012 tutto il gruppo passerà  al «modello Pomigliano». Pause ridotte e più straordinari, la Cgil non avrà  Rsu. Il sindacato di Camusso si appella al nuovo premier Maurizio Landini «Metteremo in campo qualsiasi azione. Il governo deve cancellare l’articolo 8» La Cgil a Palazzo Chigi: «Il nuovo governo chieda conto a Fiat del piano industriale e la faccia desistere dalla disdetta» Il momento è arrivato: Sergio Marchionne entra pienamente nel «dopo Cristo» più volte annunciato, e forse cogliendo anche al volo la novità  di un governo Monti appena insediato, sferra l’attacco finale al suo nemico numero uno, la Fiom. L’amministratore delegato della Fiat – e ormai pluridecorato manager globale grazie alla presidenza della Chrysler – ha deciso di disdire, a partire dal primo gennaio 2012, tutti i contratti attualmente vigenti nel gruppo. Per poter ripartire da zero, applicando presumibilmente a tutti il «modello Pomigliano», e mettendo così definitivamente fuori dalla rappresentanza riconosciuta (ma non certo dalle fabbriche) la Fiom.
Il sindacato guidato da Maurizio Landini ha preparato per oggi una conferenza stampa in cui declinerà  la reazione (certamente energica) delle tute blu, ma intanto ieri ha dovuto mandare giù la missiva marchionniana che dà  il benservito alle sue combattive Rsu. La Fiom ha già  fatto sapere che «è pronta a mettere in campo qualsiasi azione per contrastare l’estensione ai 184 stabilimenti Fiat in Italia dell’accordo di Pomigliano, tenendo anche conto della recente sentenza di antisindacalità  emessa contro l’azienda». Al nuovo governo, Landini chiede inoltre di «cancellare l’articolo 8».
Ed ecco la lettera della Fiat ai sindacati: «In vista di un riassetto e di una armonizzazione delle discipline contrattuali collettive aziendali e territoriali che si sono succedute nel tempo e nell’ottica di renderle coerenti e compatibili con condizioni di competitività  ed efficienza, vi comunichiamo il recesso a far data dal 1 gennaio 2012 da tutti i contratti applicati nel gruppo Fiat e da tutti gli altri contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti».
«Saranno promossi – aggiunge infine il Lingotto – incontri finalizzati a valutare le conseguenze del recesso ed eventualmente alla predisposizione di nuove intese collettive aventi a oggetto le tematiche sindacali e del lavoro di rilievo aziendale con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative».
La nuova decisione implica praticamente che verrà  proposto a tutti gli 82 mila dipendenti un nuovo contratto mutuato su quello già  siglato a Pomigliano (e poi a Mirafiori e Grugliasco, con qualche modifica) da Fim, Uilm e Fismic, ma non dalla Fiom, che anzi ha avviato una serie di ricorsi. Sul piano più strettamente sindacale, la norma di questo tipo di contratto che brucerà  di più alla Fiom, sarà  l’applicazione dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori (negli ultimi anni disapplicato per prassi consolidata) che prevede non solo il ripristino delle Rsa (rappresentanti nominati e non eletti dalla base) e la messa in soffitta delle Rsu, ma anche l’esclusione dalla rappresentanza sindacale di quelle sigle che non firmano gli accordi con l’azienda. Come dire, insomma, che la Fiom è fuori.
Per la condizione lavorativa degli operai, cambiano alcuni importanti pilastri organizzativi: le pause vengono ridotte da 40 a 30 minuti (con una monetizzazione dei 10 minuti perduti), gli straordinari «comandati» (cioè quelli che l’azienda può richiedere senza previa trattativa con i delegati) passano da 40 a 120 ore (80 ore in più), i turni di lavoro verranno probabilmente estesi a 18. Cambiano anche le norme sullo sciopero – è prevista una sanzione per sindacati e dipendenti nel caso si violi una tregua concordata – come quelle sulla malattia, con Fiat che non retribuirà  la malattia in particolari momenti di «picco» dell’assenteismo.
Insomma, una decisa stretta di vite che però – dicono sia l’azienda che i sindacati firmatari degli accordi precedenti – dovrebbe anche rendere più pesanti le buste paga degli operai, con lo scambio produttività /salario di risultato. In poche parole, aumentano le flessibilità  e con esse la parte variabile degli stipendi. Fim, Uilm e Fismic infatti ieri, dopo l’annuncio della Fiat, hanno invocato un’apertura «prima possibile» di un tavolo per fissare il nuovo contratto, da siglare entro fine anno.
È dunque solo il campo Cgil a mostrarsi contrario: il segretario Vincenzo Scudiere parla di «scelta destabilizzante», che porta «all’esclusione di un sindacato fortemente rappresentativo come la Fiom». Il sindacato si appella dunque al governo Monti: «Sarebbe utile che il nuovo governo chiedesse conto alla Fiat del nuovo piano industriale e degli investimenti, sconsigliandola dall’assumere questa decisione» sui contratti. Contro la lettera Fiat si schierano pure Sel (per Nichi Vendola è «un atto brutale»), la Fds (Paolo Ferrero parla di «anticostituzionalità »), l’Idv (Antonio Di Pietro: «Così Fiat abbandona l’Italia»), e il Pd (Stefano Fassina: «Scelta grave e preoccupante»). Ma anche l’Udc non lesina critiche: per Pierferdinando Casini «Marchionne pensa più all’estero che all’Italia».


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