Fukushima, tracce di fissione atomica

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Lo xenon è un gas, e nella sua versione radioattiva di solito risulta da una fissione nucleare: gli addetti hanno quindi provveduto a versare nel reattore una miscela di acqua e acido borico, agente che aiuta a prevenire la reazione nucleare: «per precauzione», ha detto il portavoce della Tepco.
L’azienda elettrica giapponese ha cercato di minimizzare la notizia. «Si può assumere che una criticità  isolata abbia avuto luogo per un breve periodo a giudicare dalla presenza di xenon», ha detto il portavoce Junichi Matsumoto. Ma ha subito aggiunto che la temperatira nel reattore è rimasta stabile e che la quantità  di xenon trovata è molto bassa, e che è improbabile che il reattore numero 2 si sia fuso di nuovo, e che in ogni caso il rischio di nuova diffusione di radiazioni è minimo.
Suona molto come un arrampicarsi sugli specchi: dopo lo tsunami seguito al terremoto dell’11 marzo scorso, che ha bloccato i sistemi di raffreddamento dell’impianto (con i suoi tre reattori e due «piscine» di stoccaggio del combustibile esausto), Fukushima Daiichi non ha mai smesso di disperdere particelle radioattive. Vale la pena di ricordare che nella fase più acuta del disastro, in marzo, gli eventi sembravano fuori controllo: gli impianti continuavano a surriscaldare, si susseguivano le esplosioni e infine l’azienda ha ammesso che in uno dei rettori si era verificata la completa fusione del nocciolo (il nucleo interno del reattore dove si trovano le barre di combustibile), mentre parla di fusione «parziale» negli altri due. Dopo settimane di tentativi disperati, gli addetti giapponesi sono riusciti a cominciare a raffreddare l’impianto, che però non prevedono di riuscire a stabilizzare completamente prima della fine dell’anno.
Ora la presenza di xenon nel reattore numero 2 sembra indicare due cose. Una è che con ogni probabilità  anche in quel reattore la fusione era stata ben più estesa di quando sia stato ammesso (è la fusione infatti che può aver innescato uno sviluppo che porta alla fissione). L’altra è che lo sforzo per arrivare al «shutdown freddo» (cioè riportare gli impianti a temperature stabili sotto il punto di ebollizione) entro l’anno è ancora incerto. Tepco dice che in ottobre le radiazioni emesse dall’impianto si sono dimezzate rispetto al mese prima. Ma il disastro non è ancora finito, e le sue conseguenze persisteranno a lungo a giudicare dai «focolai» di radioattività  che continuano a comparire dentro e fino a un raggio di 80 chilometri da Fukushima.


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