I Bocconiani Dentro la fabbrica dell’Italia che conta

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Niente foto, zero celebrazioni in home page.

L’eroe del giorno – parola di www.unibocconi.it – è Carlo Edoardo Filippo Maria «figlio di papà , accento milanese, snob, viziato, abiti firmati», protagonista di 18 e lode, la nuova sitcom a episodi di BStudentTv, la televisione online autogestita dagli studenti dell’ateneo. Monti, assicura chi lo conosce, non si è certo offeso. Lui, ovvio, è il fiore all’occhiello dell’università . Ma è il primo a sapere che i Monti del futuro iniziano a formarsi a vent’anni nelle aule milanesi di fronte agli alberi secolari del Parco Ravizza. Impastando Keynes e reality-fai-da-te, esami a raffica e feste sulle piste del Divina, gli ingredienti eterogenei di quella misteriosa ricetta che ha plasmato negli anni il mito della “lobby bocconiana”, arrivata oggi, premier in primis, a occupare molte delle poltrone di vertice del nostro paese.

«Una lobby? Io so solo che studiare quiè un po’ come fare il militare negli Alpini» scherza Mario, 22enne studente del terzo anno, impegnato a dribblare i due leoni di marmo nell’ingresso di via Sarfatti, portatori – vuole la vulgata che nessuno osa contraddire – di un’antica maledizione (“Chi passa tra i leoni non si laurea alla Bocconi”). «Fai test durissimi per entrare – assicura – . Sottoscrivi un codice d’onore vincolante. Impari a lavorare in gruppo, il rigore e l’eccellenza. Ma poi hai il tempo di fare il dj a Bocconi Radio o far tardi con i compagni ballando al Divina o al Limelight. Valori e storie che ti entrano sotto pelle senza che tu te ne accorga e che ti porti dietro tutta la vita, come fanno i reduci della Julia con il loro cappello con la penna».

La rete dei bocconiani nasce così. Arriva in alto (da qui sono usciti tra gli altri Marco Tronchetti Provera, Alessandro Profumo, Enrico Tommaso Cucchiani, Vittorio Grilli, Paolo Scaroni, Tommaso Padoa Schioppa ed Emma Bonino), ma parte dal basso. «È una cosa difficile da spiegare – dice Luca De Vecchi ex rappresentante degli studenti nel Consiglio accademicoe oggi avvocato-. Il senso di appartenenza a Mamma Bocconi inizia dalla quotidianità  del primo anno di corso, come in un college Usa». Studi, dai esami, vai agli europei universitari di pallavolo a Istanbul, incontri aziende e poi, nel weekend, sfidi gli studenti della Columbiae di Warwick nelle regate di Santa Margherita. «E magari ti capita, è successo a me, che mentre sposti un tavolone di marmo per un incontro tra studenti arrivi Mario Monti, si rimbocchi le maniche, e si metta lì a darti una mano come una matricola qualsiasi» racconta De Vecchi. Chi non si adegua a questi ritmi a metà  tra l’Ivy League e il villaggio Valtur si arrangia. Una volta perso il passo dei frenetici tempi bocconiani – è il lato oscuro di via Sarfatti- sei tagliato fuori. Recuperare il terreno perduto – anche se è stato solo un inciampo – è difficile. Vale l’impietosa legge della selezione darwiniana e se abbandoni l’università , dice la tradizione, sai già  che da queste parti (qualcuno dice si debba proprio firmare un impegno scritto) non potrai più mettere piede.

Detto così pare un gioco per ricchi.

E gli stereotipi appiccicati indelebilmente ai bocconiani – dagli yuppie di Sergio Vastano nel Drive in degli anni ’80 fino al Carlo Edoardo Filippo Maria di 18e lode – sono lì a confermare i cliché. Ma la realtà  è un’altra cosa.

Certo la retta annua media (calcolando i 43.500 euro di costo dei master) è di 10.400 euro. «Ma qua c’è tanta gente che arriva da fuori, studia dalla mattina alla sera, torna a casa una volta ogni dodici mesie riescea mantenersi grazie alle borse di studio dell’università », racconta Alessandra Sanchi, studentessa al secondo anno ma già  bocconiana dentro. L’ateneo ha garantito nel 2010 (per questioni di merito o di reddito) 23 milioni di euro come borse e 1.500 posti letto a prezzi agevolati nel mitico pensionato. Un altro dei toponimi dove tra pigiama party e lunghe serate sui libri nasce e si consolida il senso di appartenenza all’istituzione. «Io ero romano, sono arrivato qui e dopo un po’, proprio al pensionato, ho conosciuto la donna che è diventata mia moglie», ha raccontato Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Banca d’Italia. La macchina della Bocconi, naturalmente, non lascia niente al caso. Il modello del college Usa (presto sarà  pronto il nuovo campus da 100 milioni di via Castelbarco) è stato studiato a tavolino. L’università  aiuta e sostiene una lunga serie di associazioni che fanno gruppo: c’è quella per le danze balcaniche, una per gli studenti salentini, quella legata alla Milton Friedman Society. Da poco è nata Best, organizzazione che promuove «il rispetto tra le molte identità  dell’ateneo», decollata dopo la sospensione per un anno (la sanzione prevista dal Codice d’Onore) di uno studente reo di aver pronunciato frasi contro gli omosessuali. Tutto fa rete. E il meccanismo funziona.

Basta vedere cos’è successo giovedì scorso quando il corteo degli studenti “indignati” ha cercato di assediare l’università .

«Noi ex allievi ci siamo autoconvocati via web. L’idea era di fare un cordone attorno a via Sarfatti tenendo in mano un libro di microeconomia – racconta De Vecchi – . L’obiettivo? Spiegare ai ragazzi che l’ateneo non è il simbolo dei poteri occulti ma un posto dove si studia e si fa cultura». La chiamata alle armi, una cosa più da Templari che da ex-studenti di economia, non è stata necessaria. La polizia ha fermato il corteo prima che arrivasse in via Sarfatti. Ma sul web, a futura memoria, è rimasto il post scritto di getto sul suo blog( Diario di una Bibliomane) dalla studentessa Chiara Donadi «demoralizzata» per la manifestazione. Un Bignamino che aiuta a capire dal di dentro perché, dopo la laurea, si resta bocconiani tutta la vita: «La Bocconi non è il paradiso né l’inferno, ma è uno dei pochi luoghi in Italia che riesce a dare ai giovani l’orgoglio di un’identità  – scrive nel blog – . Ogni università  dovrebbe essere come la nostra. Cattiva ma fortificante come una maestra severa delle elementari. Deve farti piangere e sentire solo, ma anche felice come dopo una lunga giornata di lavoro. Dandoti il diritto di non aspettare raccomandazioni.

O l’amico politico di tuo cugino. O l’avvocato che ti prende in studio se ti fai scopare una volta a settimana». Il blog di Chiara è stato subissato di centinaia di commenti di compagni di corso. Tutti d’accordo con lei. L’era di Nicole Minetti e delle Olgettine è (speriamo) in archivio. Pensionata, forse non è un caso, da Mario Monti, l’archetipo della lobby dei bocconiani. Ma dietro di lui la nuova generazione della rete di via Sarfatti sta già  affilando le armi.


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