I dubbi nell’opposizione sulla mozione di sfiducia

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ROMA — Una giornata frenetica per l’opposizione, con molti colloqui e nessuna posizione comune: la decisione su come votare sul rendiconto e se presentare o meno la mozione di sfiducia è rimandata alla riunione dei capigruppo dell’opposizione di questa mattina, alle 11.30. Troppo delicata la questione, dopo il fallimento del 14 dicembre. Troppo alto il rischio di rilegittimare un Silvio Berlusconi sempre più in difficoltà . La compattezza dell’opposizione è messa a dura prova dalla tattica da usare per disarcionare il Cavaliere, con l’Italia dei Valori che preferirebbe le elezioni, i centristi che accetterebbero di buon grado anche un governo a guida Gianni Letta e il Pd che mette il veto sugli stretti collaboratori del premier.
Ieri Pier Ferdinando Casini ha incontrato prima Antonio Di Pietro, poi in serata ha partecipato a un incontro a quattro con Pier Luigi Bersani, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli. Il Partito democratico, che ha sempre votato contro le norme di bilancio, ha la tentazione di continuare sulla stessa posizione anche nel voto di oggi sul rendiconto. L’alternativa, ovvero l’astensione, anche come gesto di responsabilità  rispetto alla situazione economica, verrebbe presa in considerazione nel caso in cui ci fosse la certezza di attrarre nella stessa posizione la maggior parte dei dissidenti del Pdl. Su una posizione più vicina al no ci sarebbe anche l’Idv, fortemente contrario alla politica economica del governo. Il Terzo polo è invece decisamente per l’astensione e non è escluso che alla fine tutti convergano su questa linea. Linea decisa, tra l’altro, anche dai sei deputati radicali. Che oggi, con una delegazione guidata da Marco Pannella, incontreranno dopo due anni Pier Luigi Bersani.
Dai risultati del voto sul rendiconto, dipenderà  anche la decisione sulla presentazione della mozione di sfiducia. Se la portata del dissenso si rivelasse effettivamente consistente, l’opposizione potrebbe estrarre l’arma finale. Che è pronta. La mozione, dopo lungo discutere, è già  stata scritta. E contiene un preambolo che ovvia alla mancanza nel nostro ordinamento della sfiducia costruttiva. Nelle prime righe del testo, cioè, si spiega che la sfiducia sarebbe sul governo in carica, ma che, vista l’eccezionale situazione economica, sarebbe auspicabile il prosieguo della legislatura con un governo di salvezza nazionale.
Se e quando il presidente del Consiglio cadrà , si dovrà  verificare la possibilità  di un governo di larghe intese. Massimo D’Alema si dice disponibile a «sostenere un governo di responsabilità  nazionale», a patto però che «goda di un largo consenso parlamentare». Nessun ribaltone, dunque. Per D’Alema un esecutivo a guida Letta o Schifani non avrebbe alcuna possibilità . Tesi condivisa da Bersani e Rutelli, ma non da tutta l’opposizione. Pier Ferdinando Casini, pur precisando che la scelta spetta al capo dello Stato e che non c’è nessuna indicazione dall’Udc, esprime «massima stima» a Gianni Letta (e c’è chi parla di un ticket con Monti). Stima ribadita anche dal pd Beppe Fioroni (che pure è scettico su un governo Letta) e da Giuseppe Pisanu.


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