I falchi vogliono sdoppiarlo in due monete una per il Nord virtuoso, l’altra per i Piigs

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MILANO – La soluzione per i problemi dell’euro? Il (non la) “neuro” e il “seuro”. Fino a qualche settimana fa sembrava pura di fantafinanza. Oggi – con Italia e Grecia nella bufera e persino Parigi sul filo del rasoio – i falchi del vecchio continente stanno valutando se rispolverare il loro vecchio sogno: la divisione in due della moneta unica. Da una parte il neuro, l’euro del Nord, con dentro i paesi più virtuosi: Germania, Benelux, Finlandia, Austria, Slovenia e (forse) Slovacchia ed Estonia. Dall’altra un euro del Sud (il seuro) – «svalutato anche del 30%», calcola Francesco Daveri, professore di economia all’università  di Parma – per i “ripetenti” del continente: Italia, Spagna, Portogallo, Cipro, Malta e Grecia. In mezzo la Francia. Candidata per grandeur nazionale e rating attuale – la tripla A – a un posto in serie A ma destinata, dicono tutti, a far da capoclasse agli indisciplinati, finanziariamente parlando, alunni della serie B.
I vantaggi? Gli sponsor del piano non hanno dubbi: «L’area seuro potrebbe stampar moneta, rendere più competitive le sue esportazioni e rimettere a posto i bilanci fuori dalle maglie strette del supereuro attuale», è la teoria di Hans Olaf Henkel, ex presidente della Confindustria tedesca. Evitando il trauma di un ritorno a dracma e lira. Berlino & C. – è sottointeso – manderebbero giù il boccone amaro della perdita di competitività  sul fronte dell’export con la soddisfazione di non doversi far più carico del salvataggio dei brutti anatroccoli dell’Unione. «Se Italia e Grecia finissero sull’orlo del default – ha ammesso l’economista Luigi Zingales – . L’opzione meno costosa sarebbe sdoppiare l’Eurozona, evitando fallimenti a catena».
Angela Merkel fino ad oggi ha smentito ogni ipotesi di doppio euro. «I problemi tecnici sarebbero giganteschi – dice Daveri – . Con che valuta, per dire, verrebbero convertiti i titoli di Stato dei paesi coinvolti?». La svalutazione la pagherebbero i debitori (Italia, Spagna & C.) o i creditori (le banche francesi e tedesche in primis)? Non solo. La concorrenza implicita tra i due euro potrebbe fare da detonatore per l’implosione di tutta l’architettura Ue: se la moneta unica fosse stata divisa nel 2009 – calcola David Bloom di Hsbc – il supereuro varrebbe oggi 1,79 contro il dollaro mentre il minieuro arrancherebbe a 1,1 rendendo molto più convenienti le merci di Italia & C. I big del neuro, a questi livelli, sarebbero tentati di difendere le loro aziende imponendo dazi ai cugini del suero. E addio Europa unita.
«C’è anche un’ipotesi più soft – suggerisce Mario Deaglio, che ha appena dato alle stampe “La crisi che non passa”, il tradizionale rapporto Centro Einaudi-Ubi – : tornare al meccanismo dello Sme». Un euro a due velocità , d’accordo, ma a fasce d’oscillazione controllate. «La svalutazione massima per i paesi meno virtuosi dovrebbe essere del 10%», suggerisce Deaglio. Imponendo piani di rientro quando ci si avvicina a questa soglia.
La Francia? «Temo starebbe in serie B», dice Deaglio. Alla fine toccherà  che qualcuno lo dica a Sarkozy.


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