Il caso delle banche, salta ancora il dossier salvataggi

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Che da oggi, però, hanno qualche motivo in più di preoccupazione: intanto, Moody’s ha acceso il riflettore su 87 istituti di 15 Paesi europei (17 italiani), mettendo sotto esame il loro debito subordinato e minacciando un declassamento da uno o due gradini del merito; e poi, le stime sul capitale di tutte le banche europee, stime attese da mesi e annunciate in arrivo per queste ore proprio al vertice dei ministri finanziari, slittano una volta di più, probabilmente al 5 dicembre.
Le motivazioni precise dell’Eba, l’European Banking Authority, le si sapranno appunto oggi. Ma una, ufficiosa, circola già : i dati sulle necessità  di ricapitalizzazione — secondo le molte voci si va dai 106 ai 200 miliardi, di cui 15 riguardanti gli istituti italiani — potrebbero essere talmente pesanti da far temere una reazione dei mercati, se il velo si dovesse alzare del tutto. Era già  accaduto a fine ottobre, poi a metà  novembre, e ora il problema si riaffaccia. Portando alle stelle l’incertezza. Tutto dipende da come calcolare i titoli degradati del Tesoro greco, che molte banche hanno in pancia: quanto valgono esattamente? Bisogna stabilirlo anche perché i fondi in arrivo dalle ricapitalizzazioni sono gli stessi che permetteranno agli istituti, entro il prossimo giugno, di allacciare la cintura di sicurezza come richiesto da Bruxelles: cioè di aumentare fino al 9% del capitale i loro coefficienti patrimoniali di base (core Tier 1),la quota di risorse proprie, sicure, non a rischio. Il criterio presumibilmente seguito dall’Eba per soppesare i titoli-cartaccia, una valutazione a prezzo di mercato e magari ancorata alla situazione di fine estate, ha già  suscitato molte proteste in Italia, le cui banche sarebbero particolarmente penalizzate. Perché, per esempio, sulla carta sarebbero stati svalutati a prezzi di mercato anche quei loro titoli detenuti a lunga scadenza, causando così una necessità  di capitale aggiuntivo tutta teorica, e non giustificata fino in fondo. Questo sarebbe, secondo quanto scrive in un suo rapporto Mediobanca, un «trattamento non equo» verso gli istituti italiani, che ora dovrebbero fronteggiare fra l’altro le prime strette del credito. Anche l’Abi, l’associazione delle banche italiane, «auspica che sia rivisto» il progetto proposto dall’Eba: e il suo presidente Giuseppe Mussari parla di iniziativa «fortemente penalizzante».
E’ l’incertezza, soprattutto, a rendere più pesante l’atmosfera, e a favorire un’instabilità  di fondo. Anche perché questo è un momento davvero particolare per le banche, non solo a causa della crisi. Accanto a quelli del presente, si pagano anche conti del passato: ma la situazione di oggi «è peggiore di quella della crisi del 2007-2008», e gli istituti «stanno toccando con mano una stretta della liquidità ». Dice così Corrado Faissola, presidente della Febaf che è la federazione delle banche, delle assicurazioni e della finanza: «Nel 2008, la selezione se dare o no un finanziamento dipendeva dalla qualità  del singolo imprenditore, oggi invece basta essere italiani e i soldi non te li dà  più nessuno».


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