Il Papa: saremo giudicati da come trattiamo gli stranieri

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COTONOU (BENIN) – Un Papa un po’ affaticato, ma in buona salute anche considerando il caldo, ha concluso i suoi tre giorni di viaggio in Africa. Una visita che dal Benin, l’ex Dahomey da dove partivano gli schiavi in catene, ha voluto simbolicamente estendere a tutto il continente, inviando il suo messaggio. Da Cotonou, la capitale economica, ha infatti lanciato l’Esortazione apostolica “Africae munus” (l’impegno dell’Africa) contenente i risultati del Sinodo del 2009 sulla regione.
«Cara Chiesa in Africa – ha detto concludendo la cerimonia di consegna del documento pontificio – sii sempre più il sale della terra, di questa terra che Gesù Cristo ha benedetto con la sua presenza quando vi ha trovato rifugio! Sii il sale della terra africana, benedetta dal sangue di tanti martiri, uomini, donne e bambini, testimoni della fede cristiana fino al dono supremo della loro vita! Sii luce del mondo, luce dell’Africa che spesso, attraverso le prove, cerca la via della pace e della giustizia per tutti i suoi abitanti».
La messa nel grande stadio “de l’amitiè” è stata quindi una festa colorata, con 80mila persone arrivate anche da Niger, Nigeria, Togo, Costa d’Avorio e Burkina Faso. Tutti in coda per vedere il vescovo cattolico di Roma, in un Paese dove almeno il 60 per cento dei fedeli è dedito alla religione del voodoo. Canti, danze, invocazioni tradizionali hanno rallegrato e vivificato la celebrazione eucaristica come forse solo in Africa può avvenire.
Si sono potute ascoltare letture in lingue bariba, mina, yaruba, dendi. L’umidità  non ha però lasciato tregua a nessuno. E Joseph Ratzinger è apparso infine un po’ provato dal viaggio. «Ha retto bene lo sbalzo di temperatura», ha detto il suo portavoce, padre Federico Lombardi, dopo lo sbarco in una zona dove il calore è continuo, anche di notte. Il Papa ha letto i suoi discorsi a tratti con un filo di voce. Spiega padre Lombardi mostrando comprensione: «Vorrei vedere chi a 84 anni regge ritmi così intensi. Nessun Papa a questa età  si è sottoposto a viaggi tanto impegnativi».
Per l’anno prossimo sono appena state annunciate trasferte ancor più lunghe, in Messico e a Cuba. Possibile anche una tappa in Medio Oriente (Libano?). Oltre alle già  previste mète italiane di Milano e Chieti. Lo stesso Ratzinger, lo scorso agosto a Madrid alla Giornata mondiale della Gioventù, ha promesso ai quasi due milioni di ragazzi convenuti nella località  Quatros Vientos spazzata prima da un sole torrido poi da una pioggia rovinosa: «Ci vediamo a Rio de Janeiro nel 2013».
Nelle parole pronunciate ieri dall’altare il Papa ha ricordato ai cristiani che saranno «giudicati» per come si comporteranno nei confronti degli stranieri e di tutti coloro che sono dimenticati. «Gesù – ha sottolineato – ha voluto prendere il volto di quanti hanno fame e sete, degli stranieri, di quanti sono nudi, malati o prigionieri, insomma di tutte le persone che soffrono o sono messe da parte; il comportamento che noi abbiamo nei loro confronti sarà  dunque considerato come il comportamento che abbiamo nei confronti di Gesù stesso».
A Ouidah, Ratzinger è poi andato a omaggiare la tomba del suo grande amico, il cardinale beninese Bernardin Gantin. Al suo discepolo, monsignor Adoukonou, ha regalato un intero salotto di legno locale, simile a quello che aveva visto nell’appartamento di Gantin a Roma. Lo ha fatto trasportare sull’aereo papale e trasferire in Vaticano.


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Sono immagini datate, viste probabilmente in qualche film sugli antichi romani o in un documentario in bianco e nero sul colonialismo. Uomini costretti alle catene, sfruttati fino all’osso per soddisfare i capricci del padrone. Oggi non è così, tutto questo non esiste più. Figuriamoci, con lo stato di diritto, la democrazia, le moderne costituzioni, non è ammissibile disporre a piacimento di un altro essere umano, decidere della sua vita ed ordinarne la morte, quando non serve più.

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