Il re dei giochi sul web debutta a Wall Street

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NEW YORK – Che non si trattasse soltanto di un gioco se n’erano accorti gli amici-nemici di Facebook. Quando Zynga, il più grande produttore di videogame su Internet, minacciò di abbandonare il social forum per mettersi in proprio, dovette scendere in campo nientemeno che Sheryl Sandberg, la vice di Mark Zuckerberg, per mettere fine a quella che nell’ambiente è stata definita la versione hi tech della «crisi dei missili a Cuba». E del resto esplosivo è il materiale che la start up di San Francisco maneggia: 227 milioni di utenti al mese sul web, 11 milioni di utenti giornalieri sui telefonini. Ecco perché gli occhi di tutti sono puntati adesso all’appuntamento decisivo: da venerdì prossimo, passata la festa di Thanksgiving, ogni momento è buono. Zynga va a Wall Street.
Un’offerta pubblica iniziale, un’Ipo, con cui la società  fondata quattro anni fa da Mark Pinkus, il genialoide allievo della Harvard Business School, punta a raccogliere un miliardo di dollari. E’ una cifra più che di riguardo: molto più dell’obiettivo (750 mila dollari) che all’inizio del mese si era prefisso Groupon, il marchio che ha lanciato il fenomeno social shopping. Una cifra che farebbe balzare fino a 20 miliardi di dollari il valore dell’azienda a cui quel matto di Pinkus ha dato il nome del suo cane, Zynga, che ne è diventato anche il simbolo. Ma c’è un ma. A pochi giorni dal debutto c’è stata la scossa delle dimissioni del chief executive officer, Owen Van Natta. L’ex capo di Facebook e MySpace aveva già  annunciato, l’anno scorso, che sarebbe durato giusto il tempo di dare una struttura più manageriale al giovane gruppo. Ma pesano sicuramente nell’addio i numeri degli utenti che non crescono con la stessa velocità  con cui aumentano i giochi della serie Ville – FarmVille il più famoso, CastVille l’ultimo arrivato – che hanno fatto finora la fortuna del marchio. Certo i numeri risentono della scrematura fatta per presentare la quotazione: finora, per esempio, venivano contati anche i giocatori che si sfidavano senza fare il login, che invece è l’unico strumento per valutare la presenza concreta online.
Il vero rischio è un altro. Proprio ieri la stessa Groupon ha perso il 10%. Mentre un’altra bella speranza di borsa, LinkedIn, è scesa del 7%. Rilanciando così il timore che il boom dell’hi tech si possa risolvere davvero nell’ennesima e temutissima bolla. Gli esperti hanno individuato perfino un metro per misurare questa paura. In ogni Ipo l’acquirente si impegna a tenere bloccate le azioni acquistate per un termine di 180 giorni per garantirsi da sciacallaggi e pericolose altalene borsistiche. Beh, proprio ieri scadevano i sei mesi di «blocco» a LinkedIn: e il fuggi fuggi ha fatto tremare i potenziali acquirenti di hitech. Anche perché l’intero settore, alla fine, è stato infiammato dall’attesa della quotazione di superFacebook, che Zuckerberg ha cercato di allontanare il più possibile per puntare all’incasso grosso.
L’appuntamento in Borsa del social forum è stato così spostato al 2012: ma chissà  che proprio guardando gli amici-nemici di Zynga il buon Mark non si stia convicendo che, appunto, Wall Street non sarà  per niente un gioco.


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