In Liguria il 98% dei Comuni a rischio

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LA SPEZIA — A scorrere i numeri, sa molto di tragedia annunciata. Un territorio ferito, fragilissimo, abbandonato e violentato dall’uomo.
Non c’è praticamente angolo della Liguria, da Ponente a Levante, che non sia a rischio idrogeologico. Il 98% dei Comuni (232 su 235) «presenta un’elevata criticità  idrogeologica». La provincia di La Spezia, teatro dell’alluvione e delle distruzioni del 25 ottobre scorso, capeggia questa amara classifica con il 100%: 32 Comuni a rischio su 32. Solo a Genova ci sono 100 mila persone che «vivono o lavorano in aree considerate pericolose». Un numero che sale a 155 mila, se proiettato sullo scenario regionale. Una fotografia da brividi quella che rimbalza dall’indagine «Ecosistema a rischio» di Legambiente e del Dipartimento della Protezione civile che hanno monitorato nel 2011 i Comuni liguri sia sotto l’aspetto del rischio idrogeologico che degli interventi effettuati per la messa in sicurezza. Una sorta di pagella dove quasi tutti, alla fine, finiscono dietro alla lavagna (e la gente, sempre più spesso, sotto l’acqua).
Con l’aggravante, come riporta il report, di una tendenza al peggioramento negli anni. L’indagine afferma infatti che nel 2003, stando ai dati del ministero dell’Ambiente e dell’Unione delle Province italiane, «erano 188, l’80%, i Comuni a rischio frane o alluvioni o entrambi i fenomeni insieme». Una percentuale schizzata nel 2008 al 98%: «L’estensione delle aree soggette a pericolo — è scritto — è di 470 chilometri quadrati, l’8,7% dell’intera Regione». La provincia di Genova ha l’87% dei suoi Comuni in zone dissestate, segue La Spezia e precede Savona (81%) e Imperia (69%).
Le cause di questa patologica vulnerabilità  della Liguria, a detta di Legambiente e Protezione civile, sono principalmente due: «L’uso del suolo e delle acque spesso non considera e non rispetta le limitazioni imposte da un rigoroso assetto idrogeologico». In altre parole, non vengono rispettate leggi e natura.
Ma anche sul versante della manutenzione e della messa in sicurezza c’è poco da stare allegri: «Troppo spesso si seguono filosofie vecchie e inefficaci: arginature erette senza aver prima effettuato uno studio sull’impatto che possono avere a valle, cementificazione degli alvei e alterazione delle dinamiche naturali dei fiumi». Ma soprattutto si costruisce dove non si dovrebbe. Solo 57 delle amministrazioni comunali interpellate, sottolinea Legambiente, ha risposto in modo completo al questionario, ma già  tra queste affiorano dati decisamente significativi sul modo in cui viene pianificato l’uso del territorio: «L’85% dei Comuni interpellati ha abitazioni in aree golenali o in prossimità  di alvei, nel 46% dei casi sorgono interi quartieri e il 39% ha costruito in queste zone strutture turistiche e commerciali» prosegue l’indagine.
C’è anche qualche dato positivo, anche se da prendere con le molle. L’80% dei Comuni sostiene di aver messo in sicurezza i corsi d’acqua e i versanti franosi, anche se Legambiente e Protezione civile fanno presente che «gli interventi di sicurezza non devono diventare un alibi per continuare a costruire nelle aree golenali». La maggior parte degli interventi sono la costruzione e l’ampliamento di nuovi argini. Sono pochi i casi in cui sono stati riaperti dei tratti di corsi d’acqua tombinati e «solo in due Comuni si è provveduto al rimboschimento di versanti franosi o instabili». L’unica soluzione per evitare pericoli sarebbe quella della delocalizzazione, «ma solo due tra i Comuni intervistati lo hanno fatto».
Se la prevenzione latita, un po’ meglio sembra andare sul versante dell’emergenza: «L’85% dei Comuni dispone di un piano in caso di frana o di alluvione». E più del 40% possiede strutture di Protezione civile operative 24 ore su 24 e strumenti per il monitoraggio del territorio. C’è invece ancora molto fare sul piano dell’informazione: solo il 39% ha dispiegato un servizio di informazione. Che invece è fondamentale: «Evitare il panico e sapere come muoversi già  rappresenta per la popolazione un fondamentale parametro di sicurezza». Alla fine le pagelle. Fosse una scolaresca, una figuraccia. E il Paese va in pezzi.


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