Indigenza estrema: 2,6 milioni di richieste d’aiuto

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ROMA – Nel corso del 2010 ci sono stati oltre 2 milioni e 600 mila casi di richieste di aiuto da parte di persone in grave emarginazione sociale, alle quali hanno risposto 727 enti e organizzazioni che erogano servizi alle persone senza dimora in 158 comuni italiani. Questi interventi hanno riguardato nella metà  dei casi (un milione e 300 mila casi) un aiuto in risposta a bisogni primari: distribuzione di cibo, indumenti e farmaci, docce e igiene personale, servizio mensa. L’altra metà  degli interventi ha riguardato in modo particolare la presa in carico e accompagnamento della persona (circa 620 mila casi) e servizi di segretariato sociale (circa 570 mila casi), mentre in 76 mila casi c’è stata la richiesta di accoglienza notturna e in 47 mila di accoglienza diurna.

I dati sono contenuti nel report “I servizi alle persone senza dimora” pubblicato dall’Istat: si tratta dei numeri relativi al censimento dei servizi cui le persone senza dimora possono rivolgersi per ottenere un aiuto. L’indagine è frutto di una collaborazione fra l’Istat, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, la Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (Fio.psd) e la Caritas Italiana, e rappresenta il secondo dei tre gradini di studio previsti dell’accordo: è stato preceduto lo scorso anno dal censimento delle organizzazioni che erogano servizi e sarà  seguito da un’indagine sulle persone senza dimora. Condotto su 158 comuni italiani (tutti quelli sopra 70mila abitanti, i capoluoghi di provincia con più di 30mila abitanti e i comuni con più di 30mila abitanti situati nei pressi di grandi città  con più di 250mila residenti), lo studio ha censito 3125 servizi attivi in 1187 sedi da parte di 727 enti e organizzazioni. Ogni ente gestisce in media 2,6 servizi: tipico esempio un servizio di mensa attiguo ad un dormitorio.

L’indagine illustra la grande importanza numerica dei servizi di risposta ai bisogni primari: ben 1061 servizi sui 3125 totali si occupano di cibo, vestiario, igiene personale, farmaci e contributi economici una tantum. Si tratta di un ente su tre, ma di una richiesta su due: il 49,9% dell’utenza è infatti concentrata sui bisogni primari. L’accoglienza notturna (capitolo a parte, non inserita negli altri bisogni primari) riguarda il 2,9% dell’utenza, per un totale di 76 mila richieste: il 16,6% degli enti è attiva in questo settore. La maggioranza dei servizi (50,6%) è dunque orientata a fornire una risposta all’emergenza: il cibo, l’alloggio, i vestiti. Un quarto di essi (24,1%) è impegnata in funzioni di segretariato sociale (servizi informativi e di orientamento, residenza anagrafica fittizia, domiciliazione postale, espletamento pratiche), mentre progetti ad ampio raggio con una presa in carico della persona (consulenza e servizio psicologico, progettazione personalizzata, inserimento lavorativo e così via) sono oggetto del 21,2% dei servizi (con un’utenza del 23,7%).

Altro fattore rilevante è la ripartizione dei servizi in base alla natura dell’organizzazione, tenendo conto che delle 727 organizzazioni censite dall’Istat che erogano servizi ai quali possono accedere persone senza dimora, 119 sono pubbliche e 608 private (di queste ultime, la metà  ha ottenuto un finanziamento pubblico). Ebbene, nel 32,4% dei casi si tratta di servizi gestiti interamente da privati e nel 54% di servizi gestiti da privati che usufruiscono di un finanziamento pubblico. La quota della gestione privata dei servizi è dunque complessivamente pari all’86,4%, il che significa che l’ente pubblico gestisce direttamente solo il restante 13,6% dei servizi, raggiungendo il 17,6% dell’utenza. Considerando sia la gestione diretta (17,6%) sia la quota dei privati finanziati dal pubblico (49,1%), l’ente pubblico supporta i due terzi degli interventi (66,7%). E’ però altrettanto vero che i servizi pubblici sono meno presenti nel campo delle risposte ai bisogni primari e più presenti nei servizi di segretariato sociale e di presa in carico e accompagnamento.

L’indagine Istat nulla dice di ufficiale riguardo al numero effettivo delle persone senza dimora in Italia: i dati sull’utenza che si rivolge ai servizi censiti – precisa infatti l’Istat – non corrisponde al numero dei senza dimora per due ragioni fondamentali: la prima, che non tutti gli utenti dei servizi sono persone senza dimora, dal momento che può trattarsi di individui in situazione di disagio che però dispongono di un’abitazione; la seconda, che una persona può usufruire di più servizi nel corso dell’anno e venire conteggiata più volte in quanto inclusa nell’utenza di ogni servizio da questa utilizzato.

Una stima sul numero effettivo viene però fatta dalla Fiopsd, che recentemente aveva quantificato i senza dimora in almeno 60 mila unità  in Italia. Da ricordare che con tale definizione si intendono le persone che versano “in uno stato di povertà  materiale e immateriale connotata dal forte disagio abitativo, cioè dall’impossibilità  e/o incapacità  di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un’abitazione in senso proprio”. “Un individuo senza dimora – dice l’Istat – è portatore di un disagio complesso, dinamico e multiforme”. E sono proprio queste caratteristiche che rendono praticamente impossibile un calcolo definitivo del fenomeno. (ska)

 

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