Intesa alla ricerca di un nuovo ad e riparte il risiko del credito
MILANO – L’ascesa di Corrado Passera al governo scava un tunnel nel potere bancario italiano. Il vuoto va colmato presto e bene, e potrebbe modificare gli equilibri del sistema, già resi fragili dalla situazione esterna.
L’ad uscente di Intesa Sanpaolo è di gran lunga il banchiere italiano più rappresentativo. Ha forgiato in un decennio la prima banca del Paese con piglio personalistico, difficile da rimpiazzare. E benché della sua deriva politica si parlasse da anni, ieri Passera è riuscito a sorprendere i suoi soci. Finora i suoi poteri «come da statuto sono esercitati dal direttore generale vicario Marco Morelli», si limita a dire l’istituto. Ma in Ca’ de Sass pochi credono che il responsabile della rete sarà il nuovo capo. Si ritiene, piuttosto, che a giorni il presidente Giovanni Bazoli presenterà un candidato, esterno, alle cinque Fondazioni grandi socie. L’obiettivo è fare presto, perché la banca ha un ruolo sistemico, la fase è più che delicata e non si possono dare appigli speculativi al mercato. Già il 22 è in agenda un consiglio di gestione. Ieri il titolo ha guadagnato lo 0,66% dopo le nuove.
Il banchiere da trovare è uno «coraggioso, pronto alle sfide ardue del credito nei prossimi anni, capace di guidare una grande macchina organizzativa», dice un collega sotto anonimato. Non ce ne sono molte, macchine da 7.300 sportelli e 19 milioni di clienti. Banchieri a spasso, invece, ce ne sono: Alessandro Profumo (ex Unicredit) e Matteo Arpe (ex Capitalia) sono i due più rodati, ma hanno sempre lavorato nella parrocchia Unicredit-Mediobanca, che è un po’ l’Inter come Intesa il Milan. Forse Bazoli sonderà nomi di affidabilità già provata, come Giampiero Auletta Armenise (ex Ubi banca) o Pietro Modiano, ex dg di Intesa Sanpaolo estromesso proprio da Passera ma che Bazoli ha tenuto a presidio della Carlo Tassara, grande debitore del gruppo finito in difficoltà . Anche Victor Massiah, che guida Ubi, è apprezzato da Bazoli. Oppure il professore bresciano potrebbe cercare la carta estera, con manager di lusso da lui stimati come Vittorio Colao (Vodafone) o Andrea Orcel (Bofa).
Chi viene dopo Passera avrà un ruolo anche sull’agone bancario, che secondo più osservatori sta per riaccendersi. Le nuove richieste di capitale dell’Eba entro giugno possono mettere alle corde almeno due dei cinque big in esame. Intesa Sanpaolo non ha bisogno di altro patrimonio, Unicredit taglierà il nodo con l’annunciato aumento da 7,5 miliardi, Ubi banca dovrebbe farcela con i suoi mezzi. Le incognite sono Mps e Banco popolare, che dovranno trovare circa 2 miliardi a testa, al netto di due loro bond che convertiranno. Fondersi con altri istituti, con annesse sinergie di costo (back office e piattaforme informatiche comuni) e ricavo (vendita di prodotti su più reti e canali) contribuirebbero a far salire il Core tier 1. E a non far finire fuori mercato diverse reti di taglia media, squalificate dagli attuali spread che rincarano la raccolta.
I banchieri d’affari hanno già istradato i due dossier. Lo schema classico porterebbe a fusioni tra popolari (Banco popolare con Ubi, Bper o Bpm) e Siena verso una delle due big. Ca’ de Sass però in Toscana ha strapagato Carifirenze: non può rischiare di doverla cedere perdendoci. Nel gioco potrebbe poi sparigliare Mediobanca, in cerca di un futuro strategico da trovarsi nelle attività di sportello. Ieri intanto Moody’s ha messo sotto osservazione Unicredit per un possibile ribasso del rating C- di solidità finanziaria, A2 di lungo termine e Prime-1 breve. La decisione deriva dalla forte perdita di 10,6 miliardi nel terzo trimestre e calo dell’utile operativo.
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