Israele pronto all’attacco

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Cresce l’allarme internazionale, anche se l’amministrazione Obama, con la storia presumibilmente inventata di sana pianta del «complotto iraniano per uccidere l’ambasciatore saudita a Washington», più che la parte del pompiere fa la parte del piromane. Crescono anche le voci che invitano alla prudenza. Dalla Germania alla Cina, che chiedono «flessibilità » all’Iran (e a Israele?) e una soluzione diplomatica per evitare una nuova crisi in Medio Oriente al cui confronto quella della Libia sarebbe quisquilie.
In Israele i giornali non fanno che ripetere che il premier Netanyahu e i ministri degli esteri e della difesa Lieberman e Barak hanno deciso l’attacco ma devono ancora convincere gli altri ministri del «gabinetto di sicurezza» (in tutto sono 7) e i capi o ex capi militari e dei servizi che temono possa finire male. Ieri il sito del quotidiano Haaretz ha riportato le dichiarazioni di un anonimo funzionario militare Usa secondo cui Obama teme che Israele possa attaccare senza avvertirlo, cosa che prima, quando gli Usa erano gli Usa, era impensabile. Da parte iraniana – dopo gli ammonimenti sulle conseguenze, «anche per gli Usa» di un attacco israeliano, del capo di stato maggiore delle forze armate, Hassan Firouzabadi – ieri c’è stata l’implicita risposta della Guida suprema Ali Khamenei: l’Occidente, gli Usa e «l’entità  sionista» non sono mai stati così deboli. Ora l’attesa è concentrata sul prossimo rapporto dell’Aiea, di qui a pochi giorni, che darebbe conto dei «sospetti» fini militari del programma nucleare dell’Iran. Il ministro degli esteri, Ali Akbar Salehi, ha scritto una lettera all’Onu per denunciare «il complotto» contro la Repubblica islamica e mettere in dubbio «l’imparzialità » dell’Aiea. Brutta aria.


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