La linea del Colle: chiudere subito trovando una soluzione bipartisan

by Sergio Segio | 16 Novembre 2011 8:30

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È stato questo il consiglio con cui Giorgio Napolitano ha congedato Mario Monti, dopo una colazione di lavoro al Quirinale. Un lungo faccia a faccia durante il quale il premier incaricato ha riferito i risultati delle sue consultazioni e soprattutto alcune difficoltà  in quel momento ancora non risolte. Nodi sui quali il neosenatore ha atteso dai partiti risposte definitive fino a notte. Cosa che non gli ha permesso di sciogliere la riserva già  nella serata di ieri, consegnando al presidente la lista dei ministri come molti pronosticavano. Succederà  oggi.
Si sta dunque ancora per un po’ in surplace attorno ai nomi di Gianni Letta e di Giuliano Amato, perché proprio su un loro eventuale ingresso nella compagine governativa è insorto il problema principale. Monti, si sa, vorrebbe affiancare ai «tecnici» che ha già  scelto almeno un paio di politici d’alto rango ed esperti, in rappresentanza delle due forze maggiori che concorreranno a formare la nuova maggioranza (cioè Pdl e Pd). L’obiettivo: ancorare quelle forze a un impegno parlamentare non provvisorio e, nel contempo, rappresentare concretamente un segno di disgelo e di dialogo in questa stagione d’emergenza.
Ora, il ticket Letta-Amato avrebbe la caratura giusta sia per Monti che, a quanto pare, per il capo dello Stato. Ma proprio su tali aspettative di tenere la partita in equilibrio s’incrociano ancora resistenze e incomprensioni, confermate fino a tarda sera. E il Pd, con la giustificazione della reiterata richiesta di «discontinuità », non concede il placet per l’ingresso dell’ex sottosegretario di Palazzo Chigi.
La questione, assieme ad altri temi cruciali come il consenso sul programma, è stata con ogni probabilità  toccata da Napolitano nel colloquio che ha avuto in mattinata sul Colle con Pier Luigi Bersani. Affrontata e però non risolta, evidentemente. Ciò che ha provocato lo slittamento di ieri rispetto alla tabella di marcia che era stata accreditata quasi per sicura.
Ma, nel gioco dei veti e dei malumori, una valutazione a parte va fatta pure sulla posizione di Amato. Il quale stenta ad accettare del tutto di esser considerato «in quota» a qualche forza politica — anche se la politica l’ha fatta, eccome — dato il suo profilo accademico e, soprattutto, il suo lungo percorso dentro le istituzioni.
Insomma, la gestazione del nuovo governo si dimostra alquanto più complessa di quanto si era pensato. Napolitano, dalla camera di compensazione della crisi che è il suo studio al Quirinale, ne segue passo passo gli sviluppi. Distribuisce qualche consiglio e qualche raccomandazione affinché le trattative diano un frutto bipartisan. Possibilmente solido e non fragile, come invece rischierebbe di essere nel caso di un impegno tiepido da parte di chi è chiamato a stringere un patto di lealtà .
Non si rassegna all’idea che l’Italia resti esposta ai venti della speculazione internazionale (e alle critiche dell’Unione europea), gelidi anche ieri come si è visto nelle altalenanti performance della borsa.

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