La pagella dei professori “In 70mila sotto esame per i fondi alla ricerca”

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Adesso sotto esame finiscono i professori e le loro ricerche: quello che scrivono, quello che pubblicano, gli studi degli ultimi sette anni. Sapremo come sta la ricerca in Italia e i voti che prenderanno i dipartimenti e le università  nelle varie aree disciplinari. Una fotografia con il grandangolo puntato sulla produzione scientifica e umanistica. Si chiama “sistema di valutazione” e finirà  con una “pagella” in base alla quale gli atenei migliori saranno premiati al momento della distribuzione delle risorse. «Finalmente, erano anni che l’aspettavamo», dice il professor Enrico Decleva rettore dell’università  di Milano. Il censimento riguarda tutti i docenti: dagli ordinari agli associati ai ricercatori impegnati nelle università  statali o private (Bocconi e San Raffaele comprese) e negli enti di ricerca a cominciare dal Cnr. È un progetto ambizioso e una sfida piena di insidie: l’obiettivo non è giudicare il singolo, ma la qualità  della ricerca in quel certo dipartimento e in quell’ateneo: «Attenzione perché ora se un docente non produce buona ricerca diventa un peso e questo potrà  avere un’influenza indiretta sul reclutamento del futuro. Si starà  più attenti», prevede Decleva.
«La macchina si è messa in moto il 7 novembre con la pubblicazione del bando», annuncia il presidente dell’Anvur, Stefano Fantoni. L’Anvur è l’agenzia creata dal ministero per guidare la nuova valutazione. In passato già  ce n’era stata una di valutazione, ma con adesione su base volontaria e a campione: ogni università  aveva messo sul banco soltanto i migliori lavori. Adesso invece il controllo è a tappeto, riguarda tutte le cattedre. Ogni ateneo manderà  tre ricerche per ciascun docente: verranno esaminati i lavori di 57mila universitari e 8mila tecnici e scienziati degli enti di ricerca. In totale poco meno di 216mila “prodotti”.
Saggi, articoli, monografie, scoperte, brevetti. Una montagna di sapere divisa in sentieri: quattordici, uno per ogni settore disciplinare. Si va dalla fisica, alla chimica, dalla matematica all’ingegneria e all’architettura, dalle scienze storiche alle scienze politiche e sociali.
«Abbiamo nominato 14 presidenti di levatura internazionale che sono già  al lavoro sui criteri di valutazione – spiega Andrea Bonaccorsi, vice coordinatore del progetto. E abbiamo contattato 450 esperti nazionali e internazionali che saranno incaricati di esaminare parte degli elaborati». Ciascun gruppo di esperti, entro il 31 gennaio, renderà  noti i criteri di giudizio per le varie discipline, cioè le regole per poter misurare uno studio sugli orologi atomici o una ricerca filologica sulla «Gerusalemme liberata». «Analizzeremo i lavori in due modi – prosegue Bonaccorsi – con il “peer review”, cioè la valutazione diretta di due esperti che leggono l’articolo o il saggio o, là  dove è possibile, con il sistema bibliometrico, cioè esaminando gli indicatori quantitativi presi da vari database e il numero di citazioni registrate da una ricerca».
Ma l’università  come accoglie questa specie di maxi-esame collettivo sulla qualità  della produzione che arriva dai suoi laboratori e dalle sue biblioteche? «È una decisione calata dall’alto, senza discussione – critica Francesco Sinopoli della della Cgil – Vorrei sapere come l’Anvur porterà  a termine questo mastodontico progetto con un bilancio di soli 5 milioni di euro e con sole sette persone nel direttivo». I mugugni cominciano a farsi sentire: «E poi come vengono selezionati i super esperti? Da chi e in base a quali parametri?», chiede il sindacalista. I dubbi crescono anche dentro le accademie: «Non metto in discussione il principio della valutazione – sostiene il rettore di Palermo Roberto Lagalla – ma sarebbe meglio partire con una fase sperimentale visto che, per le discipline umanistiche, difficili da valutare, i criteri andranno tarati e corretti. Il rischio altrimenti è di penalizzare gli atenei generalisti rispetto a quelli che hanno soltanto facoltà  scientifiche».


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