Letta sceglie il «passo indietro»

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ROMA — «Non voglio costituire un problema, né un ostacolo o un pretesto per alcuni, quindi con senso di responsabilità  e dello Stato faccio un passo indietro». Così ha detto ieri sera Gianni Letta al presidente della Repubblica, Napolitano. Ed è stato il superamento dell’ultimo scoglio prima della nascita del governo Monti.
È proprio sul nome di Letta che Berlusconi ha posto l’ultimo aut-aut, chiedendo garanzie perché, è stato il ragionamento, in fondo l’ex sottosegretario non è nemmeno un parlamentare e quindi avrebbe potuto rientrare in un esecutivo in cui non sia presente nessun politico. Lo stesso Letta, tuttavia, visto il complicarsi della situazione (dopo i no di Pd e Terzo polo), si è «chiamato fuori» già  durante l’ultimo Consiglio dei ministri.
Quindi sarà  una «lista corta» di soli tecnici, scelti da Mario Monti. Poche poltrone, quelle indispensabili. Niente sottosegretari. Con un «nucleo duro» di «bocconiani», cioè di professori che per anni hanno insegnato all’Università  Bocconi di Milano e addirittura ne sono stati rettori, come lo stesso Monti. E un generale (Mosca Moschini, già  capo di Stato maggiore della Difesa e attuale consigliere militare del capo dello Stato, Napolitano) alla Difesa. Nel caso del ministero dell’Economia, la catena di comando potrebbe diventerebbe cortissima, perché sembra che il premier incaricato sia intenzionato a tenere per sé l’interim del ministero che fu di Tremonti. Prima di questa scelta si era fatto il nome di Guido Tabellini, attuale rettore della Bocconi. Ma era spuntato anche il nome di Anna Maria Tarantola, vicedirettore generale della Banca d’Italia, visto che le donne «tecniche» scarseggiano. Ma si parla anche di Luisa Torchia, allieva di Sabino Cassese, per la Pubblica amministrazione.
Come sottosegretario alla Presidenza dovrebbe andare Enzo Moavero, che è stato capo di gabinetto di Monti a Bruxelles, ed è uno specialista di Antitrust. Carlo Secchi, un altro bocconiano, rettore fino al 2004, andrebbe al ministero dello Sviluppo. Lanfranco Senn, presidente della Atm, la metropolitana milanese (che gestisce anche il miglior servizio idrico d’Italia), era indicato per le Infrastrutture, ma lo stesso Senn in un’intervista a Radio 24 ha chiarito che non potrebbe in ogni caso fare il ministro in quanto cittadino svizzero. Per le Infrastrutture allora salirebbe il nome di Rocco Sabelli amministratore delegato di Alitalia.
Il rettore della Cattolica, Lorenzo Ornaghi (uno degli animatori del recente Forum di Todi) invece è in predicato per l’Istruzione, ma si parla anche di Andrea Riccardi. Cesare Mirabelli, già  presidente della Corte costituzionale, e vicepresidente del Csm, alla Giustizia, è favorito rispetto a Piero Alberto Capotosti. Sembra anche che all’Interno andrà  un prefetto. Ai Beni culturali Salvatore Settis, ex direttore della Normale di Pisa. Per il Welfare il segretario cisl, Raffaele Bonanni, ha escluso, invece, di essere coinvolto. «In Cisl — ha detto — devo assolvere a un altro mandato». In crescita invece il giuslavorista Carlo Dell’Aringa.
Tutti tecnici e niente politici, infatti, ma potrebbe esserci l’eccezione di un politico «sui generis» come Giuliano Amato, per cui si prospetterebbe la poltrona degli Esteri. In alternativa si parla del segretario generale Farnesina, Gianpiero Massolo.


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