Morti a pochi metri dalla costa

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ROMA — Erano quasi arrivati, mancavano ormai pochi metri. Ma il mare forza cinque e il vento fortissimo che dal pomeriggio soffiava sulla Puglia ha fatto incagliare la loro barca, l’ha sbattuta con violenza contro le rocce. E lì, sugli scogli di Torre Santa Sabina, una ventina di chilometri a nord di Brindisi, si è consumata un’altra strage di migranti, l’ennesima tragedia della disperazione. A bordo erano in 74, molti di loro sono riusciti a raggiungere a nuoto la riva, sbattuti tra le onde quando ormai era buio.
Due i cadaveri recuperati fino alla tarda serata di ieri, di nazionalità  pachistana. Ce ne potrebbe essere un terzo, avvistato in un primo momento ma poi scomparso tra i flutti e non ancora recuperato. Trentanove le persone salvate e, nonostante il terrore che hanno negli occhi, in discrete condizioni. Due di loro sono ricoverate in ospedale a Ostuni ma per fortuna soltanto per fratture e contusioni. Gli altri trentatré vengono dati ufficialmente per dispersi ma, secondo gli investigatori, potrebbero essersi salvati.
Per il momento le ricerche in mare, difficilissime viste le condizioni meteo, non hanno trovato altri corpi. Mentre una decina di naufraghi sono stati rintracciati dalla Guardia di finanza nelle campagne intorno a Carovigno mentre scappavano, terrorizzati e infreddoliti, senza sapere dove andare. È possibile che almeno una parte di quei trentatré dispersi fosse con loro e sia riuscita a trovare riparo in qualche modo. In un primo momento si era pensato ad un numero di vittime ancora maggiore perché dall’elicottero i soccorritori avevano visto una gran numero di corpi in mare. Ma, quando sono cominciate le operazioni di recupero, si son accorti che erano solo vestiti, forse gettati in mare prima di tuffarsi disperatamente in acqua oppure per alleggerire il carico.
Erano partiti cinque giorni prima dalla Turchia. Afghani, pachistani e cingalesi, tutti maschi e giovanissimi, intorno ai 20 anni, più quattro minorenni. E davanti alle coste pugliesi erano su una barca a vela di buon livello, con tanto di pannelli solari sul ponte e bandierina americana in cima all’albero. È il trucco recente usato dagli scafisti che provano a passare per turisti e sfuggire ai controlli sulle carette del mare. Ma è anche possibile, a volte funziona così, che la barca a vela sia stata utilizzata solo per l’ultimo tratto del loro viaggio disperato dopo un lungo trasbordo a motore. A lanciare l’allarme è stata una persona che abita nella zona e che passeggiava sul lungomare, davanti ad una delle spiagge più belle di quel tratto di costa. Ha sentito le urla disperate di chi era riuscito ad raggiungere la riva e scappava oppure provava ad aiutare i compagni di quel viaggio maledetto.
«È necessario fermare le tragedie del mare — dice il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola — perché non possiamo più convivere con il naufragio di migliaia di uomini e donne in fuga da guerra, fame e povertà . Bisogna rimettere al centro delle politiche di accoglienza umanità  e solidarietà ». Secondo Fortress Europe, l’associazione che tiene il conto delle stragi di migranti, solo quest’anno sono state più di 2 mila le persone morte mentre cercavano di raggiungere l’Europa. In 20 anni arriviamo a 17.856 persone. Senza calcolare i naufragi dei quali non abbiamo saputo nulla.


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