Parte male la trattativa Fiat è subito scontro con la Fiom

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TORINO – Tensione alle stelle, incidenti diplomatici, accuse reciproche di cercare pretesti per strumentalizzare la situazione. Comincia così, con l’ennesimo scontro tra la Fiat e la Fiom, la trattativa che, nelle intenzioni del Lingotto, dovrebbe cambiare il volto delle relazioni sindacali estendendo a tutti i dipendenti di John Elkann gli accordi di Pomigliano. Comincia di prima mattina con gli operai davanti alla sede delle trattative sindacali torinesi. Manifesti e slogan contro Marchionne di Cobas e Ubs. Maurizio Landini arriva alla testa di un corteo dei lavoratori Iveco. Ripete la linea votata il giorno prima dal Comitato Centrale della sua organizzazione. «Disposti a discutere ma non a firmare accordi che estendono quello di Pomigliano».
Le delegazioni arrivano alla spicciolata. Quella Fiat è guidata dal responsabile delle relazioni sindacali, Paolo Rebaudengo. All’ingresso si crea la ressa. I Cobas cercano di approfittarne per entrare anche loro pur non essendo stati invitati dalla Fiat. La tensione cresce. I Cobas si mettono davanti alla porta impedendo a una parte della delegazione Fiom di entrare. Landini con alcuni altri è già  dentro e si siede al tavolo della trattativa. Giorgio Airaudo è fuori e cerca di fare da mediatore tra la polizia, i Cobas e i sorveglianti aziendali. Dentro la trattativa si sospende: «Lasciate entrare la nostra delegazione», chiede Landini. Qualcuno esce a vedere che cosa accade. Poi la Fiat dice che si inizierà  comunque, anche con la delegazione Fiom dimezzata. Il segretario generale protesta. L’azienda gli risponde: «Si rivolga alla polizia». Landini si arrabbia e se ne va: «Lasciamo qui solo un osservatore», il segretario provinciale torinese Federico Bellono.
L’incidente, un pò patetico un po’ diplomatico, non è la causa, è l’effetto di un clima, della incapacità  di Fiat e Fiom di mantenere un rapporto civile sia pure in una situazione molto difficile. La trattativa parte con i sindacati che già  hanno firmato l’accordo di Pomigliano. E che ripetono con il leader della Fim, Giuseppe Farina: «Non siamo qui per rifare Pomigliano. Faremo un nuovo contratto». Che però, tutti ammettono, userà  quello di Pomigliano come base. Le parti si riaggiornano a lunedì e venerdì ci saranno riunioni tecniche su Fiat Industrial e Marelli. Poi partono le accuse reciproche: «La Fiat non garantisce la governabilità  delle trattative», ironizza Giorgio Airaudo facendo il verso a Marchionne e annunciando una campagna di sottoscrizione dal titolo «Io voglio la Fiom in Fiat». C’è anche la spilla che richiama quella di Marchionne quando venne pagato il debito al Tesoro Usa. «Le accuse di Airaudo sono un pretesto per non partecipare alla trattativa», risponde il Lingotto. Finisce con gli operai della Fiom che attendono in strada l’uscita dei sindacalisti delle altre organizzazioni: «Venduti, vergogna, siete servi e schiavi».


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