Paura sugli argini del Po. «È maligno»

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BASSIGNANA (Alessandria) — «Manca un metro, stasera esce…». Miracoli del Po. Perfino i norvegesi ci danno lezioni. Christian Blum, ai fiordi di casa sua, ha preferito anni fa una moglie italiana e le curve possenti del Grande fiume, che stasera muggisce da far paura, artiglia le sponde, si trastulla con gli argini: tanto la forza è tutta dalla sua parte.
Qui, nella golena alle porte di Bassignana, il Po accoglie il Tanaro con la generosità  con cui da secoli si prende in grembo tutti i suoi affluenti. E il Tanaro è uno di quelli dalle spalle larghe: corre da brivido con la sua massa di fango, portandosi dietro tronchi, interi alberi, pezzi di bosco, strade di plastica galleggiante. Tutto nel ventre del Grande fiume, che mai come oggi è «un padre ubriacone e malignazzo» come lo chiamava Gioà n Brera fu Carlo, tanto innamorato quanto burbero. Christian Blum ha la casetta a dieci metri dalla sponda. Come Antonio e Luisa, Tino e Marco. «Seconde abitazioni, si usano per pescare e per farci il weekend». Case in legno su palafitte, rialzate, così le piene non ti fregano: «Insomma, non sempre: nel ’94, ne arrivò una così forte che i vortici d’acqua si mangiarono una decina di abitazioni…». Ma stasera no: «Stasera si sta qui, e se si vede che la situazione si complica, si scappa dalla finestra della camera da letto con il barchino…».
Rotola e rimbomba l’allarme lungo i 652 chilometri del Grande fiume. Che farà  anche paura, ma che faremmo bene a tenerci stretto, visto che da solo fattura quasi il 40 per cento del Prodotto lordo italiano, dà  lavoro a 5 milioni di persone e fieno a qualche milione di mucche e maiali. Da Torino a Piacenza, passando per il Ponte della Becca nel Pavese, è tutto un rosario di previsioni e misurazioni, «anche se tanto — dicono i nativi — farà  come sempre, di testa sua». Oggi però è una domenica un po’ particolare dopo i disastri alle Cinque Terre, in Val di Magra e a Genova. E poi ci si è messa anche questa pioggia maligna, che fa lo slalom sul Nordovest, giocando a rimpiattino con gli esperti. Logico che «le gravidanze» del Grande fiume vengano viste con più diffidenza del solito. «A Piacenza, secondo i nostri calcoli, la piena è attesa per l’alba di domani (martedì, ndr) e dovrebbe portare il fiume a 6 metri e mezzo sul livello zero idrometrico, causando unicamente l’allagamento delle golene aperte, neanche di quelle chiuse» rassicura Fabrizio Giuffredi dell’Agenzia per il Po, tratto emiliano.
Poi dipenderà  anche dagli affluenti e dal cielo. Ma intanto cresce, nutrito da muri d’acqua. A Isola Pescaroli, nel Cremonese, è arrivato a quota 12 metri: il livello di guardia è 14, il massimo di piena 17. Circa 500 persone non dormiranno sotto il tetto di casa. A Ovada, nell’alto Monferrato, dove il torrente Sturla confluisce nell’Orba, ne raccontano una che merita: «Dopo un’alluvione, un pilastro finisce sotto processo. Prima interrogano la sabbia, che si difende, sostenendo di essere di ottima qualità . Poi tutti guardano il ferro e il cemento. E quest’ultimo, dando di gomito all’altro: “Sta a vedere che è colpa nostra, che non c’eravamo”…». Qui invece ha tenuto tutto, per ora. Semmai qualche dubbio l’hanno sul Tanaro. A Pietra Marazzi, nell’Alessandrino, ogni casa ha uno sbarramento di sabbia e un profilo vagamente bellico. Il centro commerciale «Panorama» è diventato un’isola: lo shopping domenicale l’ha fatto il Bormida. La cui onda, vista dall’alto di Montecastello, pare la bocca di un serpente che si divora campi e fatiche. «Non si dorme, quando lui fa così…»: lungo la passeggiata Sisto, in centro ad Alessandria, decine di persone guardano il fiume che sale e l’orologio che corre: questione di ore e il grosso delle acque del Tanaro sarà  qui, a due passi dalla stazione.
Hanno un bel da sgolarsi Franco Gabrielli, boss della Protezione civile, e amministratori sparsi: «State lontano dai fiumi, restate in casa…». Macché, c’è più gente sui ponti che allo stadio, quasi che a guardare il fango si esorcizzi la fifa. A Torino, ostaggio da due giorni di una piena attesa tra gli scongiuri, c’è la fila a metà  pomeriggio per vedere dall’alto i locali dei Murazzi finiti sotto acqua assieme alla movida. Famigliole con bambini, ragazzi che fotografano, extracomunitari che vendono ombrelli. Una fiera del rischio stroncata dal sindaco Piero Fassino, che ha mandato i carabinieri.
Dovrebbero arrivare, così dicono gli esperti, 1100 metri cubi d’acqua al secondo, che sarebbero molto meno del 2008. «E in quel caso — si consolano i torinesi — le acque arriverebbero al massimo al parco del Valentino e al Michelotti…». Il governatore Roberto Cota, leghista, assicura che «la situazione è sotto controllo, ma che l’attenzione resta alta». E intanto lo stato d’allerta 2 è stato allungato a tutt’oggi: non si sa mai, Genova docet. Fassino ha blindato la sua città  neanche fosse una cassaforte: chiuse le scuole, lezioni sospese all’università  e al Politecnico, trasferiti in altre sedi una settantina di pazienti dall’ospedale Amedeo Savoia, chiuso il canile comunale, il tunnel di San Mauro, sgomberato un palazzo a Pianezza. Nelle strade del centro che lambiscono il Po, qualche allagamento c’è, ma la colpa è delle fogne che cominciano a perdere colpi. Più di un problema l’ha creato il torrente Pellice, che prima è uscito dagli argini (evacuati una ventina di abitanti) e poi ha fatto crollare un ponte, per fortuna già  chiuso alla circolazione.
Nessuno qui considera eccessive le misure messe in campo da sindaci e Protezione civile. Raccontano i contadini a quelli che vengono da fuori e che non conoscono la forza e l’imprevedibilità  del Po: «C’era un tempo in cui le piene del Grande fiume cambiavano i confini: andavi a letto con i Savoia e ti risvegliavi con i francesi…». E comunque basterebbe il tragico ricordo del 14 e 15 ottobre del 2000 quando il Po e altri diciotto fiumi spaccarono tutto, si mangiarono una fetta di Piemonte, uccidendo 23 persone (e 11 furono i dispersi).
È una notte lunga, senza stelle. Il cielo ha regalato una tregua nel tardo pomeriggio, ma «fino a giovedì resteranno condizioni perturbate». E comunque la piena di Torino sarà  solo l’inizio di una corsa a tappe che porterà  acqua, detriti e paura, giù, sempre più a valle: Alessandria, Pavia, Cremona, Piacenza, Parma. Come ogni autunno, da secoli. Il problema è il Po: sempre diverso. Il sindaco Fassino ha l’espressione dello scolaro che sa di aver fatto tutti i compiti: «La tragedia di Genova ha moltiplicato l’attenzione — dice —. Qui c’è l’abitudine a gestire le emergenze, ma l’esperienza non è mai troppa, aspettiamo…».
Agli occhi di Gabrielli, che in giro per l’Italia ne vede di ogni colore, il modello Piemonte è una chicca: «Ha mostrato tutta la sua efficienza» gongola. Sperando che quel «malignazzo» del Grande fiume non l’abbia sentito, altrimenti si mette di traverso.


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