Pdl in crisi tra malumori e sospetti Scontro tra Frattini e La Russa

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ROMA — Nella polveriera Pdl, dove ormai i ministri si insultano a suon di «fascista» e «comunista» come hanno fatto ieri a distanza Frattini e La Russa, un solo tema mette d’accordo tutti: «Non dobbiamo farci umiliare, nessuno può permettersi di farlo», dice Osvaldo Napoli. E il sottinteso è chiaro: nessuno, nemmeno quel Giorgio Napolitano che — dicono — accelerando procedure e forzando la mano sta lanciando il governo Monti come unica carta possibile per salvare l’Italia dal fallimento.
Quando il sì all’ex commissario europeo sembrava ormai cosa fatta, le mosse del capo dello Stato e quelle che vengono addebitate allo stesso neo senatore a vita, hanno fatto esplodere e irrigidire ulteriormente l’ampia fetta del partito già  contraria a un governo tecnico, e favorevole solo alle elezioni. «Monti — protesta un alto esponente del Pdl — si è messo a chiamare i ministri per proporre loro di entrare nel suo governo, e queste cose così non si fanno: sembra che abbia contattato perfino Maroni…».
Che sia vero o no, quel che è certo è che ieri, all’ultimo dei vertici fiume del Pdl, si è assistito a uno sfogatoio di malumori, preoccupazioni, tensioni, grida di allarme, liti. Come nei giorni scorsi, da una parte restano scettici o nettamente contrari al governo Monti i ministri ex An — da La Russa a Matteoli a Meloni —, ex dc come Rotondi, ma anche Romano, e poi da Sacconi a Brunetta, da Romani ad altri esponenti forti del partito come Martino, con molta presa sui gruppi parlamentari, e tutto l’esercito dei «falchi». Schierati sull’altro fronte, da Frattini a Fitto, da Cicchitto a Quagliariello, dalla Carfagna a Bonaiuti a Gianni Letta, per non parlare di Scajola, Formigoni, Alemanno. Ma tutti ormai, anche tra loro, proclamano che il problema ineludibile sono «le garanzie che ci daranno».
Sì perché, per dirla con Cicchitto, non è possibile che non si passi «dai partiti» per stilare liste dei ministri e mettere a punto il programma, «perché qui si sente parlare di patrimoniale, e non va bene…». E poi c’è il rapporto con la Lega: «Bossi è furioso — racconta un ministro — al vertice ha minacciato di far saltare tutte le giunte se appoggiamo Monti». Per questo ieri sono fioccate tutte le ipotesi possibili e immaginabili: Berlusconi deve andare al Quirinale con il nome di Alfano, hanno proposto i duri e puri. No, è meglio che vada con i nomi di Dini e magari Amato. No, meglio pretendere un governo meramente tecnico, a guida Monti, con un programma limitatissimo per l’emergenza economica e si vota in primavera, la formula che chi per primo ne ha parlato, Andrea Augello, definisce «l’opzione zero». Ma no, meglio mettere voce e contenuti nostri nell’inevitabile esecutivo Monti, che comunque Napolitano incaricherà  in ogni caso, perché non si può rischiare di far saltare il Paese per aria, hanno ribattuto i fautori delle larghe intese. Qualcuno ha ipotizzato «l’astensione», nessuno — giura un partecipante — si è soffermato «sul record che toccherà  lo spread se facciamo saltare Monti…».
In questo impazzimento di posizioni, è riesploso lo scontro tra due anime contrapposte del partito, quella delle «colombe» e quella degli ex An. Frattini, massimo sostenitore della linea del sì al governo e secondo molti suoi colleghi «pronto a tradirci pur di restare al governo», è stato sentito da un cronista della agenzia Dire sfogarsi così a margine di un convegno: «È bastato che crollasse tutto che questi fascisti sono tornati fuori: già  ci hanno fatto rompere con Fini, e adesso provano di nuovo a mandare tutto all’aria… Vogliono sfasciare tutto per il loro comodo, io non glielo farò fare!». Come ai tempi della rottura con Fini, l’eterno duello riesplode fragoroso. Immediata la replica di La Russa: «Frattini… Frattini chi, il militante de il manifesto?». Obbligato il chiarimento del ministro degli Esteri: «Sono stato equivocato», difeso anche da Berlusconi che in una nota deve ricordare come fu lui l’unico ministro del governo Dini a dimettersi «perché mi è sempre stato leale». Così finge di chiudere il caso La Russa: «Deve aver parlato il cugino di Frattini, quello che conosco io non dice certe cose». Matteoli invece non lo fa: «Mi ha chiamato per dire che non ha mai pronunciato quella frase, che io ci creda o no poco conta. Sul governo tecnico ha detto che si adeguerà  al volere del partito: sono un po’ troppi gli equivoci, ma che posso fare? Non lo posso sculacciare».


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