“L’Iran sta testando le armi atomiche”

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«Quel rapporto sarà  una bomba», confida un alto funzionario dell’Aiea, l’Agenzia per l’atomica delle Nazioni unite. «Avrà  sicuramente un forte impatto sul piano politico e diplomatico internazionale». La tensione tra Iran e le principali cancellerie occidentali è alle stelle. Mercoledì sarà  reso noto il rapporto trimestrale sul processo di produzione atomica di Teheran.
A renderlo noto, all’ora di pranzo, sarà  l’organizzazione che controlla l’attività  nucleare per conto delle Nazioni Unite. Ma le fitte indiscrezioni che filtrano ormai da giorni e che fanno da sfondo al dibattito in corso da settimane in Israele su un’opzione militare nei confronti della Repubblica islamica, raccontano che questa volta il dossier fornirà  una serie di «indizi schiaccianti e convergenti» per sostenere una tesi mai confermata finora: l’Iran avrebbe ultimato un progetto per realizzare un ordigno nucleare da piazzare su un missile a lunga gittata.
A sostegno della pesante accusa, l’Aiea avrebbe raccolto prove inconfutabili. Non solo una miriade di dati che «vanno nella stessa direzione», ma foto satellitari che suffragano quelli che sono più che semplici sospetti. Le informazioni raccolte sono state fornite soprattutto dalle intelligence occidentali. Ma sono state poi confermate da fonti indipendenti, dagli ispettori e dagli analisti dell’Agenzia. I funzionari dell’Aiea parlano ovviamente in forma anonima. Ma ogni rivelazione conferma un quadro preciso.
L’attenzione è puntata su sette «aree tecnologiche» che denunciano «possibile sviluppo militare del programma nucleare iraniano». Questi “sviluppi” sarebbero stati portati avanti in molti siti; ma solo alcuni sono noti. Nel rapporto si parlerebbe a lungo di Parchin, una cittadina a sudest di Teheran. Qui sarebbe stoccato un container di acciaio che, a parere degli ispettori, ha una caratteristica particolare: serve solo a testare esplosivi ad alto potenziale da impiegare come innesco nelle testate nucleari per far deflagrare la carica di uranio altamente arricchito.
L’Iran ha sempre negato che il suo programma nucleare abbia finalità  militari. «Solo scopi civili», ha sempre sottolineato Teheran. Le centrali, denunciate all’Agenzia e spesso visitate dagli ispettori, servirebbero alla ricerca e punterebbero a dotare il Paese di nuove forme di approvvigionamento energetico.
Ma le caratteristiche di alcuni siti, fotografati dai satelliti, e lo spostamento di materiale da una centrale all’altra, avrebbero attirato l’attenzione dei tecnici dell’Aiea. In particolare, nell’area di Parchin sarebbe stato notato un contenitore che per le sue caratteristiche serve solo a fare dei test di tipo militare e non civile. Il container di acciaio, di solito, è usato per comprimere la parte nucleare della bomba. L’esplosivo usato in un ordigno di questo tipo è particolare. Deve essere compresso in modo omogeneo e deve esplodere contemporaneamente. Si tratta di un processo difficile e complesso da realizzare. Non può essere testato in una zona aperta, come un deserto. Ha bisogno di prove al chiuso, senza dispersioni: solo in questo modo si possono raccogliere i dati, fare le verifiche e procedere ad altri test.
Il complesso di Parchin era stato scoperto nel 2004. Ma da quel momento gran parte dell’attività  nucleare sospetta si era in apparenza conclusa. Solo da quest’anno erano emersi nuovi segnali di una ripresa e adesso, secondo le indiscrezioni che arrivano da Vienna, l’Aiea avrebbe ottenuto quegli indizi «convergenti» che inchiodano Teheran. «Perfino Pechino e Mosca», sostengono fonti viennesi, «avranno difficoltà  a sottovalutare l’impatto del rapporto».
La Cina e la Russia attendono la pubblicazione ufficiale del dossier. Invitano alla cautela ma sollecitano l’Iran a collaborare con l’Agenzia dell’Onu. Teheran reagisce con stizza: «Noi sappiamo qual è la verità . Lasciate che pubblichino quei dati e vedremo cosa succederà . Sarà  difficile, comunque, prendere in considerazione le conclusioni di un’agenzia che è sotto la pressione di potenze straniere».


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