Ritocchi ai nomi nella notte Il dilemma Amato-Letta

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ROMA — Ieri è stato il giorno più lungo per la formazione del governo scandito dall’altalena sul dilemma dell’entrata o meno nella «short list» di Monti di Giuliano Amato e Gianni Letta, le cui candidature fino alla serata di ieri sono rimaste fuori. Per quanto riguarda il «pacchetto economico», il quadro sembra offrire una forte concentrazione delle decisioni. Per l’Economia il presidente del Consiglio incaricato conserverebbe l’interim (con la nomina di quattro viceministri di peso tra cui il rettore della Bocconi Guido Tabellini e l’attuale direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli).
Ci sarà  poi un vero e proprio superministro con la missione della crescita. Una new entry di peso dell’ultima ora: Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa. Dovrebbe essere nominato allo Sviluppo economico e assommerebbe anche il Commercio estero e l’Ambiente. E forse anche le Infrastrutture, se questo dicastero non andrà  all’attuale presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà , che potrebbe essere nominato sottosegretario alla presidenza.
La squadra che dovrà  mettere mano alle riforme economiche dovrebbe essere completata da Elsa Fornero al Welfare (con numero due il giuslavorista Carlo Dell’Aringa) che assicurerebbe ad una donna un ministero chiave anche per le famiglie.
Per l’Istruzione è in testa Francesco Profumo, presidente del Cnr, rispetto alla prima ipotesi di Ornaghi, rettore della Cattolica.
Ai Beni Culturali, Andrea Riccardi, che assommerebbe anche le deleghe per il Turismo.
Per quanto riguarda la Giustizia tutti hanno chiesto forti garanzie di equilibrio e oltre a questo pesa la necessità  di un’adeguata presenza femminile nel governo. A sorpresa ieri è arrivato il nome di Paola Severino (avvocato penalista, vicerettore della Luiss) che ha superato di una lunghezza l’ex presidente della Consulta Piero Alberto Capotosti. Ma c’è anche quello di Livia Pomodoro (presidente del Tribunale di Milano, sulla quale il Pdl con un comunicato ha escluso veti).
Per il Viminale (in caso di sua entrata, questa poteva una «casella» importante da assegnare a Gianni Letta, su indicazione del partito di maggioranza relativa, ma fuori da Palazzo Chigi) è «salito» il nome del prefetto Alessandro Pansa, già  vice capo della Polizia e direttore della Criminalpol, nominato prefetto di Napoli nel 2007. Ma resta in prima linea Anna Cancellieri, ex commissario prefettizio di Bologna, oggi a Parma. Alla Funzione Pubblica potrebbe andare Luisa Torchia. Antonio Malaschini, ex segretario del Senato e consigliere di Stato, ai Rapporti con il Parlamento. Nel caso dovessero entrare dei rappresentanti del Terzo Polo i Rapporti con il Parlamento potrebbero giocare da collegamento con la politica soprattutto con un governo tecnico.
Alla Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del comitato militare della Nato.
Alla Farnesina in pole Giancarlo Aragona, ex ambasciatore a Londra (che avrebbe prevalso sulle candidature del direttore generale della Farnesina Giampiero Massolo e Gianni Castellaneta). Sempre che non rispunti per il dicastero degli Esteri il nome di Giuliano Amato per la sua forte caratura internazionale indipendentemente dalla sua collocazione politica.


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VOTI A PERDERE

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Il più sguaiato dei tribuni e il più felpato degli editorialisti di questi tempi hanno una cosa in comune. Si lamentano che i politici, tutti, non lavorano abbastanza. Bene. Per una volta possono darsi pace, dando uno sguardo ai calendari della camera e del senato. Stanno lavorando. Per la precisione stanno votando a testa bassa un decreto via l’altro, una fiducia e un’altra ancora. Questo è il «lavoro» che è ridotto a fare il parlamento, e dovrà  farlo per tutto luglio e anche agosto. Il presidente della Repubblica che con altri governi tuonava contro l’eccesso dei decreti e delle fiducie e che, con i tecnici già  in sella, aveva promesso «un vaglio rigoroso», non interviene. Anzi, quando interviene lo fa per rimproverare il parlamento e respingere ogni critica al governo.

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