Roubini: “Mario è il nome ideale ma ora l’Europa si svegli”

by Sergio Segio | 11 Novembre 2011 8:37

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ROMA – «Ho il massimo rispetto per Monti. Sarà  un ottimo primo ministro e saprà  meritarsi la più ampia ammirazione sia sul piano nazionale che internazionale». Per Nouriel Roubini, l’economista della New York University che ha nel cuore l’Italia dove ha vissuto dal 1962 all’83 (prendendo il master alla Bocconi poco prima che vi arrivasse Monti), la corsa alla nomination del neo-senatore a vita ha il sapore di una vittoria personale: per mesi, dagli editoriali sul Financial Times alle interviste al nostro giornale, ha ripetuto che proprio quella sarebbe stata la scelta più indovinata per l’Italia. Come per le previsioni economiche, ha fatto centro.
Abbiamo risolto il problema numero uno: un cambio del premier, eufemisticamente, vantaggioso. Il più è fatto?
«Macché, il lavoro comincia ora. Anzi, deve ancora cominciare perché la designazione ancora non c’è. Monti è in possesso della competenza necessaria e saprà  essere un ottimo premier. Ha le capacità  e il carisma per essere ascoltato da tutti i leader che già  lo conoscono e lo ammirano. Certo, qualsiasi capo del governo italiano dovrà  affrontare sfide colossali per ridurre gli squilibri finanziari, per introdurre le riforme strutturali che sono necessarie (mercato del lavoro, pensioni, liberalizzazioni) e restaurare la crescita. In tutto questo, l’Italia non può più essere lasciata sola».
Senza l’aiuto dei partner si avvererà  lo scenario catastrofista che dipinge nei suoi Twitter, l’uscita dall’euro?
«Io ho scritto che “forse” i giorni nell’Italia nell’euro sono contati. Di fronte a cambiamenti così radicali, la partita si può riaprire. Anche se le cifre non lasciano molto spazio all’ottimismo: con il debito al 120% l’Italia ha bisogno di un surplus primario pari al 5% del Pil solo per continuare il servizio del debito, cioè pagare gli interessi senza essere sommersa. Oggi avete a malapena un pareggio. Il problema aggiuntivo è che la produzione è in caduta perché stanno stringendosi la domanda interna e l’export. Le riforme e l’austerity sono necessarie, ma questa è una politica fatalmente recessiva: alzare le tasse, liberarsi dei lavoratori inefficienti e tagliare la spesa ha effetti negativi sui redditi, sui posti di lavoro, sulla domanda aggregata. Dalla recessione potrete salvarvi solo se la Germania e gli altri Paesi forti imposteranno al loro interno politiche di sostegno della domanda e della crescita. Tutto il contrario di quanto stanno facendo. Anche la Bce deve fare la sua parte».
Non la sta già  facendo acquistando i titoli?
«No. Deve abbassare i tassi a zero, far scendere il valore dell’euro fino alla parità  col dollaro e accettare il ruolo di “prestatore di ultima istanza” per tutto il sistema finanziario, smettendo di affidarsi al fondo salva-stati che si è rivelato farraginoso e causa di tensioni fra i partner. Senza tutte queste condizioni qualsiasi cosa che qualsiasi governo anche con il miglior leader possa fare è destinata a fallire».

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