Sorpresa, il partito di Putin perde voti. E lui si defila

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A pochi giorni dalle elezioni parlamentari del 4 dicembre il partito Russia Unita, dice il sondaggio di un autorevole e credibile istituto di ricerca sociologico, è in serio arretramento rispetto all’iper-maggioranza che attualmente detiene alla Duma. In base alle intenzioni di voto raccolte dall’Istituto Levada di Mosca, RU otterrebbe «solo» 253 seggi sui 450 della camera bassa, invece dei 315 di oggi. I seggi perduti verrebbero, secondo il sondaggio, conquistati per la maggior parte dal Partito comunista e per il resto dai nazionalisti di Vladimir Zhirinovskij. A Russia Unita resterebbe una comoda maggioranza assoluta, ma non più quei due terzi che consentono di cambiare la Costituzione – e che nella legislatura giunta al termine hanno in effetti permesso varie modifiche alla legge fondamentale tra cui, per dire, l’allungamento del mandato presidenziale da quattro a sei anni.
La popolarità  di Vladimir Putin è dunque, per la prima volta dal 1999, effettivamente in caduta? La maggior parte dei politologi russi, di qualunque tendenza, pensa di no: al contrario, la popolarità  del premier è sempre molto alta, e i problemi del partito dipendono proprio dal fatto che Putin, teso principalmente a garantire che la propria elezione alla presidenza in marzo vada in porto senza problemi, non si sta impegnando quasi per nulla per promuovere RU, tanto da aver lasciato al presidente uscente Dmitrij Medvedev il ruolo di capolista e «primo volto» del partito – e i guai che comporta in termini di popolarità  l’esser troppo identificato con «il partito dei ladri e dei truffatori», per usare la violenta definizione di Aleksej Navalny, popolarissimo blogger nazionalista campione della lotta alla corruzione del potere.
La scelta, si sostiene, sarebbe legata alla preoccupazione per il probabile cattivo esito elettorale (cattivo secondo il metro del Cremlino) di Russia Unita, che per giunta sarà  certamente accompagnato da un coro di proteste interne e internazionali per i metodi con cui lo si raggiungerà  (i ben noti «metodi amministrativi», consistenti in ogni sorta di manipolazioni della volontà  degli elettori prima, durante e dopo il voto). Più alto sarà  il risultato elettorale del partito più forti saranno le critiche, che inevitabilmente andranno a coinvolgere anche la successiva campagna elettorale per le presidenziali.
In altre parole, Putin vorrebbe che Russia Unita vincesse sì, ma con meno porcherie possibile, in modo da abbassare il livello di critiche e arrivare in un clima più tranquillo alla propria elezione. Inoltre, il premier avrebbe già  da tempo rinunciato all’idea di introdurre riforme particolarmente «pesanti» durante il suo prossimo mandato presidenziale: dunque non avrà  bisogno di una pletorica, quasi-unanime maggioranza in parlamento, basterà  una «normale» maggioranza del 51 per cento per garantire un’attività  di governo regolare senza incidenti. C’è anche chi si spinge a sostenere che il progetto di Putin per il suo prossimo mandato comprenda una normalizzazione delle procedure elettorali e della trasparenza della politica – insomma un adeguamento graduale agli standard democratici occidentali (proprio mentre questi standard stanno subendo una seria erosione in occidente) – e che proprio da qui deriverebbe la decisione di non nascondere il calo di consensi per Russia Unita.
Come che sia, lo scarsissimo impegno di Putin in vista di queste elezioni parlamentari è evidente sin dal giorno in cui, in settembre, venne annunciata la sua candidatura alle presidenziali. Non ha voluto più essere capolista, non ha partecipato praticamente a nessun raduno o comizio e, soprattutto, ha messo una sordina quasi totale all’attività  del Fronte del Popolo, l’organizzazione di massa da lui messa in piedi solo nel maggio di quest’anno per affiancare Russia Unita, favorirne la presenza nella società  civile e portare nel partito volti nuovi e popolari. Da due mesi il Fronte, per il quale Putin fino a settembre si sbracciava con iniziative continue, è scomparso dai titoli dei giornali e dei programmi televisivi.


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