Spagna. La svolta dopo Zapatero

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Malaga.  Zap c’è ed è quasi un miracolo. Di fronte al disastro socialista nei sondaggi (quindici punti sotto gli avversari del centrodestra), il suo successore e candidato del Psoe, Alfredo Rubalcaba, gli ha concesso solo questa prima e unica apparizione davanti ad una platea di militanti nel palazzo dei Congressi di Malaga, in Andalusia, l’ex grande serbatoio di voti socialisti. Il resto della sua campagna elettorale Rubalcaba lo ha dedicato a cancellare Zapatero come se fosse l’unico gran colpevole di quella che, domenica, s’annuncia come la peggior disfatta della sinistra spagnola in trent’anni di vita democratica. Non un comizio insieme e neppure un accenno a colui che è ancora segretario del partito e presidente del governo, in una campagna dedicata idealmente a ricongiungere Rubalcaba con i padri nobili d’altri tempi, con Felipe Gonzalez e Alfonso Guerra, la coppia degli eroici anni ’80.
Quando, dopo la dittatura, la Spagna entrò in Europa e visse una travolgente epoca di modernizzazione sociale ed economica. Padri che anche stasera, via video, fanno da angeli custodi alla scommessa dell’ex ministro degli Interni: convincere gli spagnoli a restituire fiducia ai socialisti o, quantomeno, evitare che i rivali del centrodestra conquistino la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera (176). Zapatero no, lui ormai i voti li brucia.
Eppure questa platea militante lo ama ancora e s’emoziona quando “Bambi” si alza e parla per difendere la sua stagione ormai al tramonto quasi come fosse davanti al Gran Consiglio dell’Inquisizione. «Avete visto?», esordisce, «non era tutta colpa mia», segnalando come, nonostante la vittoria annunciata del centrodestra lo spread spagnolo scivoli verso i 500 punti e l’interesse che lo Stato dovrà  pagare sui bond a dieci anni superi il 7%. E sorride, quasi augurando a Mariano Rajoy, il leader del centrodestra che gli soffia sul collo da sempre, di triturarsi nella crisi com’è accaduto a lui. Poi vira e annuncia quella che sarà  l’idea-guida, ripetuta poco dopo dallo stesso Rubalcaba, delle ultime battute della campagna elettorale: il pacchetto di tagli lacrime e sangue che Rajoy terrebbe nascosto. «Noi – dice Zapatero – siamo gli unici che possiamo difendere gli interessi di tutti gli spagnoli; perché la destra invece farà  soltanto i suoi: e se vince addio Welfare, addio diritti». Come chiunque che sa di avere la vittoria in tasca, Rajoy ha parlato pochissimo in queste settimane di cosa farà  una volta eletto per soddisfare le richieste di Bruxelles (e del mercato) sulla riduzione del debito. Ma, in privato, alcuni dei suoi consiglieri non nascondono la necessità , per il 2012, di una manovra da 30 miliardi di euro di sforbiciate al bilancio che avranno l’effetto di peggiorare la disoccupazione (già  oltre il 20%), e di colpire istruzione e sanità  pubbliche.
Nonostante ciò le previsioni continuano ad essere impietose per i socialisti, come se gli spagnoli sperassero che sarà  sufficiente un cambio di governo per ammorbidire la crisi o che, comunque, volessero qualcun altro a gestirne le rovine. Infatti, secondo gli esperti, non sarà  soltanto l’astensione a sinistra a punire i socialisti. Perché più di un milione di elettori (circa il 10%) di coloro che votarono Zapatero nel 2008 salteranno il fosso per votare a destra mentre un altro milione andranno a rafforzare le deboli fila di Izquierda Unida, la coalizione neocomunista a sinistra del partito socialista. Il risultato finale, cui vanno aggiunti coloro che non voteranno Psoe ma si asterranno (come gli indignados di maggio), potrebbe diventare un terremoto che farà  crollare i socialisti dagli 11 milioni abbondanti di suffragi di tre anni fa a 7 milioni, sotto il 30 percento: l’esito peggiore nella storia del partito.
Come questo sia accaduto ad uno dei suoi migliori leader rimane e rimarrà  almeno in parte un mistero. Tutti pensano che Zap si sia giocato la credibilità  in un weekend all’inizio di maggio del 2010. Quando, dopo aver negato per mesi la gravità  della crisi economica, varò un pacchetto antirecessione che tagliava gli stipendi statali, congelava le pensioni e rendeva più facili i licenziamenti. Ancora stasera a Malaga i militanti del Psoe mentre l’applaudono glielo rinfacciano perché «colpì solo i più poveri senza far pagare la crisi anche alle grandi fortune, ai più ricchi». Da uomo dei record positivi, nel primo mandato di Zapatero la disoccupazione era ai minimi storici (sotto il 7%) e il Pil volava; è diventato quello dei record negativi, come una fotografia in bianco e nero rovesciata. E dopo aver reinventato il partito socialista e piegato la destra vincente degli anni di Aznar, lo stesso Zap che aveva riportato la sinistra spagnola sotto gli occhi dei riformisti di tutta Europa con una lunga serie di leggi rivoluzionarie: dall’aborto liberissimo alla difesa dell’eguaglianza sociale tra uomini e donne, dal divorzio express ai sussidi per le famiglie con disabili, dai matrimoni gay alla regolarizzazione degli immigrati e alla legge sui crimini dimenticati e impuniti della dittatura franchista; è caduto sulle tabelline dell’economia. «Perché è un visionario», dice uno dei militanti che si spella le mani per applaudire, «e i visionari vanno a sbattere perché gli ostacoli, quando ci sono, neppure li vedono». «Forse è il prezzo da pagare, con lui abbiamo fatto troppi passi avanti in nome della laicità  di questo paese», conclude.
Certo Zap ha accettato l’invito di Rubalcaba stasera per difendere la sua di memoria. Ora arriverà  Rajoy e cancellerà  qualcosa. L’ultima legge sull’aborto di sicuro, il leader del centrodestra lo deve ad una Chiesa attivissima in suo favore. E magari anche il divorzio rapido e le nozze gay. D’altra parte lo scenario economico è talmente drammatico che non ci sarà  tempo nemmeno per i dettagli. C’è da scongiurare il fallimento dello Stato, altro che etica e laicità . Oggi e domani, come un dirigente politico alle prime armi che deve farsi le ossa, Zapatero andrà  nelle due province dove i socialisti rischiano di non eleggere neppure un deputato, Avila e Soria. Sembra la punizione finale, un bicchiere di olio di ricino nella speranza in futuro di restare nel pantheon dei grandi, accanto a Gonzalez e a Guerra.


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