Una causa contro Monsanto

Loading

E secondo la rivista Utne Reader’s è anche uno dei «utopisti che stanno cambiando il nostro mondo». Questo perché l’associazione che presiede, con il sostegno legale della public Patent Foundation (Fondazione per i brevetti pubblici) in marzo ha avviato una causa legale contro Monsanto, uno dei più possenti gruppi industriali dell’agrochimica e biotecnologie al mondo. Alla causa lanciata dall’Associazione dei prduttori di sementi biologiche si sono aggiunte in seguito altre 82 soggetti tra produttori e commercianti di sementi e piccoli agricoltori: i querelanti ora rappresentano oltre 270mile persone. La loro azione legale contesta la validità  dei brevetti di Monsanto sui semi geneticamente modificati; inoltre vogliono cautelarsi da possibili azioni legali del gruppo industriale nel caso che i loro raccolti risultino contaminati dalle varietà  transgeniche.
E’ una vecchia questione: Monsanto ha più volte fatto causa ad agricoltori che accusa di coltivare le sue varietà  geneticamente modificate (e coperte da brevetto), senza pagare le dovute royalties. Ma in molti casi i coltivatori in questione non hanno affatto usato sementi Monsanto. Anzi, magari non volevano affatto usarle: il fatto è che i pollini volano, da una pianta transgenica vanno a fecondare una vicina pianta della corrispondende specie «non modificata»: è detta «impollinazione incrociata».
«Il punto di vista di Monsanto è che in questo caso noi abbiamo la loro tecnologia – anche se non la vogliamo e ha valore zero sul mercato del biologico», spiega Gerritsen al giornale The Portland Press Herald, del Maine: «Noi pensiamo invece che deve trattenere il proprio inquinamento dal proprio lato della staccionata».
Per un coltivatore biologico, trovare nei propri campi specie transgeniche è un danno e una beffa. Infatti per definire «biologica» una coltivazione, oltre a evitare una lunga lista di pesticidi e input chimici, bisogna che non contenga organismi geneticamente modificati. Se non sarà  certificato «biologico», il loro prodotto non può essere smerciato in quel mercato. Insomma: perdono il loro mercato, e per di più devono affrontare le ritorsioni legali del colosso agro-chimico.
I portavoce Monsanto ribattono che l’azienda non ha «mai fatto causa, e si è impegnata a non fare causa, ai coltivatori in caso di presenza inavvertita di tratti biotecnologici nei loro campi», quando questi tratti biotecologici si trovino nei loro campi «in conseguenza di atti non intenzionali». Di cause invece Monsanto ne ha intentate molte (una, quella contro il coltivatore di colza Percy Schmeiser, è rimasta famosa): tutto sta nelle parole «inavvertito», «non intenzionale», perché provare in tribunale che uno non intendeva coltivare sementi Monsanto richiede tempo e soldi per avvocati. Nel 2005 il Center for Food Safety, gruppo statunitense di sostegno all’agricoltura biologica e sostenibile, aveva contato ben 90 azioni legali mosse da Monsanto contro coltivatori americani.
Così ora l’Associazione dei coltivatori biologici reagisce, e sfida i brevetti Monsanto in tribunale. Dicono: quando rifiutano di etichettare i cibi transgenici, i produttori di piante geneticamente modificate dicono che sono «sostanzialmente equivalenti» a quelle tradizionali. ma quando chiedono il brevetto, dicono che i geni modificati creano una varietà  nuova e unica. «Allora cos’è, uguale o diversa?». Gerritsen aggiunge: i produttori di sementi modificate pretendono di controllare il mercato, una concentrazione di potere e «avidità  delle corporations» come quella contro cui si batte il movimento Occupy Wall Street – in cui spera molto.


Related Articles

Eternit, 152 milioni l’esborso Inail

Loading

I calcoli nell’inchiesta del pm Guariniello. Almeno 1600 i morti per tumore (il manifesto, 24 gennaio 2007)

Fisco, tornano le cartelle pazze blitz del governo al Senato

Loading

Addio annullamento automatico Imu sulle Fondazioni. Befera: no agli scontrini scaricabili   

UNA RIFORMA A FAVORE DEL PIU’ FORTE

Loading

Le facoltà  fondamentali del giudice del lavoro, di contemperamento dei poteri della parte più debole (il lavoratore) e di quella più forte (il datore di lavoro), fatte salve le ragioni di entrambi, vengono drasticamente limitate dal disegno di legge di riforma del lavoro, a partire da quelle che gli assegnava l’articolo 18. In tal modo i licenziamenti individuali e collettivi saranno resi ancora più facili. Sono questi gli esiti più negativi del ddl che il Parlamento dovrebbe cercare di attutire – sempre che non prevalga nella maggioranza la volontà  di peggiorarli.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment