by Sergio Segio | 5 Novembre 2011 7:35
MILANO – Di questi tempi non è un onore essere considerate tra le banche più importanti del sistema. Al contrario significa avere molti oneri maggiorati: per le Sifi, le banche considerate troppo grandi per fallire senza mettere a repentaglio la stabilità complessiva, sono in arrivo i nuovi criteri patrimoniali, più restrittivi di quelli indicati dall’Eba, con maggiorazioni di capitale di prima qualità tra l’1% e il 2,5% aggiuntivo rispetto alle regole già stringenti di Basilea3. E tra le grandi fra le grandi – unica per l’Italia – c’è Unicredit, in base alla lista annunciata da Mario Draghi nel suo ultimo atto come presidente del Financial Stability Board.
Per Piazza Cordusio, come per le altre banche, non c’è ancora l’indicazione precisa dell’incremento di capitale necessario: dipenderà dalla rilevanza sistemica dell’istituto e sarà stabilito in base a cinque parametri. Le banche dovranno introdurre nuove regole dal prossimo anno e livelli di capitale aggiuntivi rispetto alle soglie di Basilea 3 dal 2016. Nell’elenco dei 29 istituti, reso noto ieri a Cannes a conclusione del G20, ci sono otto banche Usa (tra cui Goldman Sachs, Jp Morgan e Morgan Stanley) quattro francesi – comprese Socgen, Credit Agricole e Bnp – otto istituti britannici e due tedeschi (Commerzbank e Deutsche Bank), oltre a Unicredit e Bank of China. Qualche sorpresa ha suscitato la mancanza nell’elenco di Standard Chartered e di Nomura, ma l’elenco è ancora provvisorio e verrà più volte rivisto da qui al 2016 (e per alcune sarà possibile anche elevare la richiesta di capitale aggiuntivo fino al 3,5%).
Per Piazza Cordusio dunque si profila in modo sempre più stringente la necessità di una maxi-iniezione di capitale. Le cifre dell’aumento, anche senza considerare la nuova necessità di rafforzamento, sono imponenti e non dovrebbero allontanarsi dai 6-7 miliardi, anche se c’è ancora da sciogliere il nodo della contabilizzazione dei cashes, su cui è atteso il pronunciamento finale di Banktalia entro la prossima settimana. Del resto, in una giornata difficile per tutto il settore in Europa (l’indice Dj stoxx del comparto è sceso di oltre il 3%) e con diversi titoli passati dall’asta di volatilità , Unicredit ha concluso la giornata in calo del 6,55% a 0,77 euro, pagando anche le note sulla necessità di rafforzamento di capitale. Su cui comunque verrà alzato il velo il 14 novembre (o più probabilmente il 13) insieme al piano industriale. In questa fase si starebbero ancora facendo le simulazioni sulle svalutazioni necessarie sul portafoglio titoli. Ma una cosa è certa: le Fondazioni sono pronte a seguire l’aumento, né potrebbero fare diversamente, dopo l’esplicita moral suasion di Mario Draghi, nel suo ultimo discorso da governatore della Banca d’Italia alla giornata del risparmio, quando ha ricordato il ruolo sempre svolto dalle Fondazioni. Dal canto suo ieri presidente della Fondazione Banco di Sicilia, Giovanni Puglisi, ha sottolineato che coinvolgere i fondi sovrani del Qatar e della Cina per il prossimo aumento di capitale di Unicredit «è troppo comodo», visto il ruolo che le Fondazioni hanno giocato nelle ultime ricapitalizzazioni. Ma soprattutto Unicredit deve stare attento – ha avvertito – ai fondi cinesi, che entrerebbero per comandare.
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