Uno su quattro non studia e non lavora Bankitalia fotografa i giovani “Neet”

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ROMA – Quasi un ragazzo su quattro, tra i 15 e i 29 anni, non studia, non lavora, non segue neanche uno straccio di corso di formazione. E vive a casa con mamma e papà . Si chiamano Neet – acronimo inglese che sta per “Not in education, employment or training” – e nel nostro Paese, secondo quanto calcolato dalla Banca d’Italia nel rapporto sulle Economie regionali, sono 2,2 milioni. Il 23,4% degli under 30 italiani è dunque fermo. Non pensa neanche di imparare un mestiere. Più di mezzo milione vive in famiglie dove nessuno dei componenti ha occupazione.
Un fenomeno in crescita, se si pensa che tra il 2005 e il 2008 i Neet erano meno di due milioni, il 20% dei coetanei. Poi nel 2010 il balzo alla cifra record. Certo, la crisi. Che spinge i più giovani alla resa. Aumentano al Nord e al Centro, finora meno permeabili al “virus”. Mentre il Sud è stabile. Ma già  prima dello tsunami finanziario ed economico degli ultimi anni, i neet da Napoli in giù pesavano per il 30%. E ora sono più della metà  del totale italiano: 1,2 milioni dei “né lavoro, né studio, né formazione” vive al Mezzogiorno o nelle nostre isole (il 32,3%). Uno scoraggiamento diffuso, dunque. Unito alla mancanza di stimoli di un’economia bloccata. E che coinvolge, specie nel Sud, ragazze e ragazzi sempre più in egual misura. A livello nazionale, tuttavia, le donne (il 26% delle under 30 è Neet) superano gli uomini (20%).
Attenzione, però. «La condizione di Neet è solo in parte collegata al fenomeno della disoccupazione», avverte la Banca d’Italia. Nel 2008 il 30,8% dei Neet era alla ricerca di un lavoro (il 25,3% tra le donne). O almeno ha fatto un tentativo. E questa quota è salita al 33,8% nel 2010. In particolare, al 40% nel Nord ovest e nelle regioni centrali. Al 38% nel Nord est. Mentre al Sud – «dove la partecipazione al mercato del lavoro è inferiore per tutte le fasce d’età », spiega Bankitalia – non arrivava al 30%. Un terzo, dunque, di questi ragazzi ci prova. Cerca e non trova lavoro. E poi si scoraggia. Non torna sui banchi di scuola. Non si iscrive all’università . Non frequenta corsi professionali.
Colpisce il livello di istruzione. Nel 2010 l’incidenza dei Neet sui non diplomati era del 24,8%: quasi uno su quattro ha la licenza media o elementare, per lo più concentrati nella fascia “giovane” degli under 30. Tra i diplomati, il peso dei Neet si attestava invece al 21,9%. Altrettanto forte, nonostante il titolo di studio più avanzato e la maggiore età  (tra i 25 e i 29 anni). Se poi si allarga la fascia di investigazione – osservano i ricercatori di Bankitalia – espandendola fino ai 35 anni e includendo così i laureati e gli specializzati, ecco la sorpresa. Il 20,5% dei “dottori” è un Neet: meno del 15% al Nord, oltre il 30% al Sud.
«La condizione di Neet non è necessariamente permanente», si legge nel rapporto. Prima della crisi, tra il 2007 e il 2008, il 32% dei giovani ne usciva nei dodici mesi successivi. Nel 2009, la percentuale era però calata al 28,8%. La controprova è nel passaggio verso un’occupazione. Anche questo in discesa, purtroppo. Tra il 2008 e il 2010 le transizioni al mondo del lavoro sono scese dal 74,5 al 69,5%. Cresciute, invece, quelle verso attività  formative, dal 25,5 al 30,5%.


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