Autostrade, Richiesta di Maxi Aumenti

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ROMA — Dal primo gennaio aumentano i pedaggi autostradali. Come ogni anno è in arrivo la ministangata per gli automobilisti, già  tartassati dall’aumento della benzina. Il governo è al lavoro per preparare il decreto interministeriale, messo a punto dai dicasteri dell’Economia e dello Sviluppo e delle Infrastrutture. Le società  concessionarie delle autostrade chiedono un aumento che, unito a quello previsto in relazione all’inflazione programmata, sarebbe compreso tra un minimo del 3,5 per cento e un massimo del 5. Dopo il Consiglio dei ministri di ieri non è stato reso noto nulla di ufficiale e la pratica è ancora sul tavolo del ministro competente, Corrado Passera, oltre che del premier Mario Monti. Quel che è certo è che l’aumento ci sarà  e il decreto verrà  approvato entro la fine dell’anno, mentre per capire l’entità  effettiva bisognerà  aspettare ancora.
L’aumento dei pedaggi autostradali avviene con un adeguamento annuale della tariffa determinato secondo la formula del «price cap» (l’incremento non può essere superiore a un tasso pari all’inflazione dal quale viene sottratta una quota della produttività ) e approvata dall’Anas. Il meccanismo è piuttosto complesso. Semplificando, sono due gli elementi che vanno a formare la tariffa: l’inflazione programmata e gli investimenti effettuati. 
Per quanto riguarda le spese di ammodernamento delle infrastrutture, ogni concessionario di rete autostradale (ce ne sono 23) deve formulare all’Anas, entro la fine di settembre, la sua proposta annuale di adeguamento delle tariffe sulla base del Pef, il Piano economico-finanziario. Ogni concessionario ha una sua convezione specifica con l’Anas. Quest’ultima — che è il gestore della rete stradale ed autostradale italiana ed è una spa il cui socio unico è il ministero dell’Economia — riceve le proposte delle concessionarie, le istruisce e fa una prima verifica. Che riguarda sostanzialmente la corrispondenza tra gli investimenti annunciati sulle singole tratte (e concordati ogni anno con un contratto) e quelli effettivamente portati a termine. La verifica viene inviata dall’Anas ai ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia. Che a loro volta fanno partire una procedura interna per costruire il decreto interministeriale, da approvarsi entro la fine dell’anno. Siamo esattamente in questa fase. Poi, una volta varati, i decreti vengono notificati all’Anas, che li comunica ai concessionari, i quali li applicano a partire dal primo gennaio.
Oltre agli investimenti, l’adeguamento delle tariffe avviene su un altro parametro, ovvero sul 70 per cento dell’inflazione programmata. Quest’ultimo è un tasso introdotto negli Anni 80 e definito dalla legge di stabilità . Funge da punto di riferimento per l’aggiornamento delle tasse e delle tariffe della pubblica amministrazione. Considerando che per il 2012, il tasso di inflazione programmata è dell’1,5 per cento, il 70 per cento di questo valore è pari a poco più dell’un per cento. 
Proprio sulla base di questo elemento è stato di recente aumentato il canone Rai, portato da 110 euro a 112,5. Con maggiori introiti stimati per il 2012 a 20 milioni di euro. 
C’è da aggiungere che l’inflazione reale è del 3,3 per cento, mentre le retribuzioni sono aumentate sostanzialmente della metà , dell’1,5 per cento. E da quando è stata abolita la scala mobile, che agganciava i salari al costo della vita, l’adeguamento sulla base dell’inflazione è rimasto solo per le tariffe dei servizi, come canone Rai e pedaggi autostradali. Un rincaro, quello delle tariffe sulle autostrade, che andrà  a incidere in maniera pesante sui bilanci degli italiani, già  provati dai continui aumenti dei prezzi del carburante. Rincari dei pedaggi che colpiscono particolarmente in un Paese nel quale la stragrande maggioranza del trasporto merci avviene su gomma.
L’attuale sistema è stato riformato da Giulio Tremonti, che nel 2008 bloccò per sei mesi gli aumenti delle tariffe autostradali proprio perché voleva collegarle agli investimenti effettuati. E sempre l’ex ministro dell’Economia provò, nel giugno del 2005, a introdurre il pedaggio su 22 tratte gestite dall’Anas, undici autostrade e undici raccordi stradali, per un totale di 1.270 chilometri. Novità  fortemente avversata dagli amministratori locali, a cominciare da quelli del Lazio per il Grande raccordo anulare, e che fu bloccata da sentenze del Tar e del Consiglio di Stato. Tra le proteste del leghista Roberto Castelli: «Con questo provvedimento verrebbero chiamati a pagare tutti quei fortunati che, fino a ora, al contrario dei somari del Nord, hanno usufruito di autostrade gratuite. E dai pedaggi è possibile riportare a casa oltre 350 milioni di euro».
Difficile quantificare per ogni singola tratta l’importo degli aumenti in vigore dal prossimo primo gennaio. Si può fare un parallelo con lo scorso anno, quando la rete di Autostrade per l’Italia, la più grande con 2.800 chilometri in concessione, fece registrare un aumento dell’1,92. Il picco più alto fu in Val d’Aosta, con un aumento di oltre il 18 per cento. Se per la Milano Serravalle le tariffe sono cresciute solo dell’1,53%, sono saliti di molto i pedaggi dei raccordi della Brescia-Padova (+7,8%) e la Strada dei Parchi (+8%). 
Le associazioni dei consumatori quantificarono in 20-25 euro l’aggravio annuo a famiglia. Alle proteste, l’Aiscat (l’associazione delle concessionarie) replicò facendo notare che nel 2009 erano stati realizzati lavori e manutenzioni per oltre 2,5 miliardi ed erano in fase di esecuzione investimenti per 6,35 miliardi di euro. Quel che è certo è che quest’anno il carico dei nuovi pedaggi, se non saranno calmierati, avrà  un impatto certamente superiore allo scorso anno. 
Alessandro Trocino


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