Cain si arrende, addio al sogno Casa Bianca

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new york – «Diventare il presidente degli Stati Uniti era il piano A». Esilirante fino all’ultimo, Herman Cain trova questa formula inedita per annunciare che “sospende” la sua campagna elettorale, travolto da una valanga di scandali sessuali. «Ed ecco il piano B: lo chiamo Soluzione Cain punto com, continuerò a essere un boss per il popolo, da oggi lancio questo sito Cainsolution.com dove il popolo americano potrà  dimostrare di avere il potere in questo paese». Finisce così la corsa per la Casa Bianca dell'”altro nero”, sotto il sole di Atlanta in Georgia, davanti a una folla radunata nel sontuoso quartier generale della sua campagna, affittato quando Cain era in testa ai sondaggi per la nomination repubblicana col 23% dei consensi. Ieri era già  sceso all’8% e i grossi sponsor (quelli che hanno pagato il centro congressi di Atlanta) l’avevano abbandonato: dopo quattro accuse di molestie sessuali, e una quinta donna che ha rivelato una relazione extra-coniugale clandestina di 13 anni con lui.
Imprevedibile in tutto, l’ex chief executive della catena Pizza Godfather è convenzionale solo nella sceneggiatura coniugale dell’abbandono: come tutti i politici affondati dal sesso e dalle bugie, impone alla moglie il calvario della solidarietà  pubblica. La povera signora Cain, che nei dieci anni prima di questa campagna era stata invisibile in pubblico, deve esibirsi sul palco, sorridente e fiera, e rispondere alla folla che scandisce il suo nome: «Glo-ri-a». Per confermare le parole del marito: «Sono in pace con Dio e con mia moglie, lei è in pace con me». Tutte false le accuse, spiega Cain, «ma il peso sulla mia famiglia è insopportabile». Si accontenta di «essere arrivato nei quarti di finale» (essendo i primi tre Barack Obama, e i candidati repubblicani Mitt Romney e Newt Gingrich), «un risultato incredibile per uno come me». Incredibile, Cain lo era fin dall’inizio: stupefacente la sua popolarità  nel Tea Party, il movimento populista di destra che ha una base sociale fatta per il 99% di bianchi, con un poderoso substrato razzista. «Non sono mai stato il candidato-tipo», riconosce Cain, ma la voglia di scorciatoie e semplificazioni lui l’ha colta perfettamente, lanciando lo slogan “nove-nove-nove”, le tre aliquote fiscali al 9% (Irpef, imposta sulle società , Iva). Ora Cain si ritira nella fitta schiera degli ex, forse riuscirà  a competere con Sarah Palin nelle tirature dei libri.
È destino di questa campagna, il divorare rapidamente le star della destra. Poche settimane in vetta ai sondaggi e poi il tracollo: così è andata per Michele Bachmann, Rick Perry. Salvo sorprese nelle primarie dello Iowa la gara sembra una sfida a due, tra il miliardario mormone Romney e il politico di professione Gingrich, quest’ultimo già  a suo tempo protagonista di una relazione extraconiugale. Una scelta non proprio esaltante per il Tea Party o i fondamentalisti evangelici, tutti quelli che cercano un outsider, un uomo estraneo a Washington, un puro immacolato impeccabile ultraconservatore.


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