Censis: “Sanità  a rischio nelle regioni e comuni sull’orlo del default sociale”

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ROMA – Sanità  a rischio nelle regioni e Comuni sull’orlo del default sociale. Sono questi i punti critici del “sistema welfare” italiano sottolineati dal 45° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese presentato questa mattina presso il Cnel a Roma. Per quanto riguarda la sanità , nelle Regioni preoccupa la sostenibilità  finanziaria. “Nel periodo 2001-2010 – spiega il Rapporto – le Regioni con Piano di rientro hanno registrato un incremento della spesa del 19% contro il +26,9% del resto delle Regioni. Nel 2006-2011 hanno subito una riduzione della spesa in termini reali dello 0,6%, mentre le altre Regioni hanno avuto un aumento di oltre il 9%”. Spicca il contenimento della spesa in Sicilia (-10% nel periodo 2006-2010), Abruzzo (-4,4%), Lazio (-3%) e Campania (-1,9%), che hanno siglato i rispettivi Piani di rientro nel 2007. Tuttavia, per i cittadini la cura a cui è sottoposto il Servizio sanitario non sta generando effetti positivi: solo l’11% degli italiani ritenere migliorato il servizio sanitario della propria regione, quasi il 29% ha registrato un peggioramento e circa il 60% una sostanziale stabilità . Il futuro, inoltre, non è roseo e si teme l’accentuazione delle differenze di qualità  tra le sanità  regionali (35,2%), che l’interferenza della politica danneggi la qualità  della sanità  (35%), che i disavanzi rendano indispensabili robusti tagli all’offerta (21,8%), che non si sviluppino le tipologie di strutture e servizi necessarie, come l’assistenza domiciliare territoriale (18%), che l’invecchiamento della popolazione e la diffusione delle patologie croniche producano un intasamento delle strutture e dei servizi (16,3%).

Per quanto riguarda i comuni, il Censis parla del rischio di un default sociale. “E’ pari a 6,7 miliardi di euro il valore degli interventi sociali comunali, ai quali si aggiunge la compartecipazione degli utenti (circa 1 miliardo l’anno) e la quota a carico del Servizio sanitario (circa 1,1 miliardi l’anno), per un totale di spesa pari a poco più di 8,7 miliardi di euro, pari a circa il 10% del totale della spesa per tutte le politiche socio-assistenziali”. Tuttavia, spiega il Censis, i tagli dei fondi sociali nazionali si sono fatti sentire. “Il Fondo nazionale per le politiche sociali è passato dal 2008 al 2011 da 929,3 milioni di euro a meno di 220 milioni, il Fondo per la non autosufficienza nel 2011 non è stato finanziato, con un taglio netto di 400 milioni di euro”. Secondo il Censis, a subire l’impatto dei tagli saranno in primo luogo gli utenti. “Oltre il 40% delle risorse per il sociale dei Comuni è impiegato per famiglie e minori – spiega -, il 21,2% per gli anziani, una quota simile per i disabili e il 7% circa per la lotta alla povertà . Ma anche gli occupati nel sociale, perché il 48,5% della spesa comunale per i servizi sociali è impiegato per affidare i servizi all’esterno, a cooperative sociali e altri soggetti del terzo settore”.

 

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L’argomento ricorrente quando si parla di sanità , anche durante questa campagna elettorale, è quello della riduzione della spesa, dell’introduzione di nuovi ticket e perfino della necessità  di porre fine al carattere universalistico del servizio. L’aspirazione a un servizio sanitario nazionale e la lotta per realizzarlo vengono da lontano. Nel 1942 e nel 1943, nella Londra bombardata e la fine della guerra ancora lontana, uno studioso vicino ai laburisti, Beveridge, scrisse un libretto sulla istituzione in Gran Bretagna di un servizio sanitario nazionale.

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