C’ERA UNA VOLTA

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Senza alcuna delega da parte dei lavoratori ai quali sarà  negato, oggi e per sempre secondo il diktat di Marchionne e grazie all’articolo 8 della manovra agostana Berlusconi-Sacconi, di giudicare con un voto quel che è stato deciso sulla loro pelle.
C’erano una volta anche le Rsu, figlie più o meno legittime degli antichi consigli di fabbrica, che comunque rappresentavano le volontà  e il voto dei lavoratori. I delegati eletti democraticamente saranno ora sostituiti da ascari nominati dai sindacati firmatari degli accordi. Non si potrà  più conoscere il consenso delle singole sigle perché i lavoratori sono stati retrocessi a pura mano d’opera, privi di diritti e di rappresentanza. Appendici delle macchine, variabili dipendenti del mercato, della globalizzazione e dei capricci dei padroni.
In Fiat, come in tutte le aziende italiane, c’era una volta la Fiom, 110 anni di vita, lotte, sconfitte e conquiste, il sindacato dei metalmeccanici più rappresentativo quando le rappresentanze venivano elette. Dal 1° gennaio del 2012 non ci sarà  più nelle fabbriche dell’Eroe dei due monti Sergio Marchionne. Perché no? Perché la Fiom non ha accettato il ricatto «lavoro in cambio dei diritti» della Fiat dopo Cristo, rifiutandosi di firmare il contratto di Pomigliano.
C’era una volta il diritto di sciopero. E ad ammalarsi, a contrattare organizzazione del lavoro e straordinari. La firma di ieri ha cancellato in blocco questi diritti. Se vogliono lavorare gli operai dovranno accettare queste regole. Neanche questo è vero perché la Fiat sta andando a rotoli e viene chiuso uno stabilimento dopo l’altro. L’unica cosa che si può dire è che, grazie alla complicità  dei sindacati di complemento, il padrone si è ripreso in mano tutto il potere. E’ la vendetta rispetto alle conquiste del ’69 e degli anni Settanta. Una vendetta preparata lungamente con la complicità  dei governi e della politica quasi in blocco. La manovra di Marchionne si affianca a quella di Monti e insieme rappresentano i pilastri di una nuova era basata sulla dittatura della finanza e dei padroni. Il terzo pilastro è l’insieme del sindacato confederale, con l’eccezione della Cgil se finalmente sceglierà  di schierarsi con la «sua» Fiom senza se e senza ma. Il quarto pilastro è il Partito democratico, diviso, incapace persino di leggere i passaggi epocali.
Il voto separato di ieri ha spazzato via il fantasma della nuova unità  sindacale materializzatosi per un sol giorno, anzi per tre ore. E oggi un Marchionne ringalluzzito da una vittoria costata appena trenta danari, potrà  raccontare nuove bugie sull’italianità  della Fiat parlando dalle linee di montaggio di Pomigliano liberate dai delegati e dagli iscritti della Fiom. Che pure ci saranno, ma fuori dai cancelli. E il manifesto insieme a loro.


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