Crac Parmatour, nuova condanna per Tanzi

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MILANO – Piove l’ennesima tegola giudiziaria sulla testa di Calisto Tanzi. L’ex patron di Parmalat è stato condannato a nove anni e due mesi per associazione a delinquere, bancarotta e falso in bilancio nel processo di primo grado per il crac della Parmatour, le attività  nel turismo gestite dalla figlia Francesca fallite sotto una montagna di debiti (360 milioni) all’epoca del tracollo di Collecchio. I giudici del tribunale emiliano hanno condannato altri 18 imputati – tra cui Gianpiero Fiorani, ex ad della Popolare di Lodi a 3 anni e otto mesi – mentre quattro sono stati assolti. Tanzi sta già  scontando al carcere della Burla di Parma la condanna definitiva a 8 anni e un mese per aggiotaggio e ha collezionato un’altra pena di 18 anni di reclusione per il filone principale del processo sul buco da 14 miliardi del gruppo alimentare. Il tribunale di Parma ha fissato pure una provvisionale di 120 milioni a carico degli imputati da pagare a Enrico Bondi, in qualità  di commissario straordinario del gruppo. 
La vicenda Parmatour – sia sotto il profilo imprenditoriale che sotto quello giudiziario – è una costola diretta delle disavventure della Parmalat. Il tour operator di casa Tanzi è nato a inizio anni ’90 grazie a una joint venture con la famiglia Donzelli ed è cresciuto poco alla volta grazie a una raffica di acquisizioni favorite anche dalle buone entrature politiche del patron, come quella della Cit rilevata a metà  anni ’90 dalle Ferrovie dello Stato. Liquidati i Donzelli a cavallo del millennio, l’ex-Cavaliere del lavoro ha affidato le redini del gruppo a sua figlia Francesca, titolare all’ora di un colosso nel mondo delle vacanze che è arrivato a fatturare fino a 500 milioni di euro. Qualche errore strategico, sommato alla classica disinvoltura finanziaria della casa e al trauma dell’attentato alle Torri gemelle che ha messo in ginocchio per un paio d’anni il turismo mondiale hanno finito per mandare in tilt i conti del gruppo. E – come tradizione – Calisto Tanzi ha tappato i buchi, come sostengono i pm, a modo suo: chiedendo prestiti garantiti dal business (sano) della Parmalat, un’azienda quotata in Borsa, per poi dirottare i soldi con un vorticoso giro nel labirinto delle sue aziende di famiglia fino alla Parmatour. Secondo le stime della PriceWaterhouse, la società  di consulenza incaricata da Enrico Bondi di quantificare i buchi di Collecchio all’epoca del crac, l’ex-patron avrebbe trasferito in pochi anni oltre 230 milioni dalle casse del latte a quelle del turismo. Una pioggia d’oro che non è bastata a salvare il tour operator di Francesca, fallito poche settimane dopo la scoperta della voragine nei bilanci Parmalat.
La sentenza di ieri ha riconosciuto colpevoli di bancarotta quasi tutti gli ex vertici del gruppo. La condanna di Fiorani è legata a un finanziamento di 25 milioni della Bpi alla Parmatour. Il banchiere lodigiano, è la tesi dei giudici, avrebbe garantito il prestito pur essendo perfettamente a conoscenza dei guai dell’azienda. Tanto da tutelarsi con la riscossione di un credito futuro dei Tanzi legato a un terreno della ex-Polenghi.
Dalla sentenza di ieri è stata stralciata la posizione di Francesca, che nel 2007 ha patteggiato 3 anni e cinque mesi di pena per il crac. La 43enne figlia del Cavaliere – fatti i conti con il suo burrascoso passato – ha iniziato la sua nuova vita proprio dal turismo, trovando lavoro come direttrice di albergo in un hotel lungo l’autostrada Padova-Bologna.


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