DAL CARCERE A SHAKESPEARE: VOLTERRA, L’UTOPIA DEL TEATRO

Loading

Armando Punzo, c’è qualcosa di donchisciottesco in lui. Bisogna essere matti per figurarsi di costruire un Teatro Stabile dentro un mulino a vento. Mattissimi a proporsi di costruirlo dentro un carcere tetro come la Fortezza di Volterra. Lui se lo propone da tanti anni che non sa più contarli, come un vecchio prigioniero. Ha 52 anni, l’età  dell’hidalgo, e chissà  se sia vicino a toccare il traguardo, o a scendere dal ronzino e arrendersi. Dunque è il momento di dargli una mano, invece di commuoversi, battergli le mani, a lui e ai suoi, e rincasare. «Ma come, nelle galere si dorme in terra, si incendiano lenzuoli, ci si disputa il gas di una bomboletta, e tirate fuori il teatro?». Ah, non sapete che cosa dite. Non sapete che cosa vuol dire una pianticella abusiva nella cella di un condannato, una rosa sul davanzale di una città  assediata cui manchi il pane. Quest’anno la Compagnia ha messo in scena Giulietta e Romeo – Giulietta era il detenuto Yang, cantava una dolce canzone cinese. Ma aveva un altro titolo, Mercuzio non vuole morire. Le cose potevano andare diversamente, e possono ancora. Ecco un modo più semplice di dire l’articolo costituzionale così citato e tradito: «le pene… devono tendere alla rieducazione». Le cose possono andare in un altro modo, e, quanto agli eventi irreparabili, il teatro, dunque la vita, può provare a risarcirli. Maria Grazia Giampiccolo dirige il carcere di Volterra. Sa che Mercuzio muore, prima che della spada di Tebaldo, dell’intimazione di Romeo a smettere di parlare di sogni: “di niente”. È in tempi come questi, dice, che bisogna raddoppiare gli sforzi per difendere la poesia. La bellezza è una imprevedibile intrusa in quel culmine murato di Volterra, da dove, quando il vento pulisce, si vede la Corsica. Punzo sta da 24 anni, incensurato, in quella galera, che era di sardi e napoletani, e ora chiude tutti i sud del mondo. E ha fatto della Compagnia della Fortezza una delle più prestigiose imprese teatrali d’Europa, e di Volterra la sede di un festival importante. Il teatro è un modo meraviglioso di rifarsi una vita, di rifarsene mille. Rifarsi una vita è la promessa e la negazione del carcere: non succede, e quando rarissimamente succede non è grazie alla galera, ma nonostante. Punzo non è un assistente sociale, è uno votato al teatro che ha capito che lì dentro si trovano vocazioni formidabili. E che il carcere stesso è una scena d’eccezione, e far incontrare lì dentro attori e pubblico sprigiona un’emozione speciale. (Ho scritto sprigiona quasi senza volere). «Siamo in un castello, come Amleto, abbiamo il camminamento di ronda». Volterra è insieme quintessenza e contraltare della Toscana graziosa, una nobile vetusta città  di palazzi e arte e alabastro e una cittadella impervia di corvi e intemperie. Qui Punzo e i suoi hanno messo casa, da quando un direttore di mente e cuore spalancati radunò agenti e dirigenti entusiasti di cambiare quella cupezza. Si chiamava Renzo Graziani, morì assurdamente nel 1997, schiacciato da una motocicletta. Ora, a volte, i superstiti di quella impresa e i nuovi aggiunti sono stanchi e sconfortati. Volterra accoglie e respinge, alternamente. E le regole di dentro, e persone e risorse che mancano sono fatte per rendere estenuante il lavoro, gli orari, la fiducia reciproca. Però il sogno è troppo grande. Esperienze affini esistono in Europa, ma mai si è fondato e riconosciuto un Teatro Stabile dentro un penitenziario. Una coincidenza (le galere furono affare maschile, a lungo) mette oggi delle donne in posizioni cruciali: a Volterra, al provveditorato e alla presidenza del tribunale di sorveglianza, e finalmente al ministero. I responsabili del comune e della provincia, dell’Amministrazione penitenziaria, dei beni culturali, dopo aver visto coi loro occhi, sono stati entusiasti. Enrico Rossi è un fervido ammiratore del teatro, e la Regione Toscana lo sostiene. Sono passati dalle mura di Volterra – che trasudavano sangue tradimento e congiura – Beckett e i ritratti di Francesconi, ali d’angeli e fogli volanti, 1.500 ore di filmati d’archivio, 150 studenti all’anno che vengono a formarsi, l’elogio alla libertà  dall’impegno di Pasolini e i versi di Majakovskij, il Marat-Sade, premio Ubu ’93, e I pescecani, “miglior spettacolo” del 2004, Macbeth e Orlando – e Alice e Amleto, che «nei secoli, mentre il pubblico li guardava, hanno guardato l’umanità  che non migliorava e hanno deciso di salvare se stessi». Due anni di lavoro, l’Hamlice, 50 persone per l’allestimento dentro e poi fuori, i tir, gli incassi a pagare la tournée. Per anni i detenuti-attori spesero così i permessi premio, finché ottennero il lavoro esterno, e sono assunti, recitano e vanno a dormire nelle prigioni di quella notte. Altrettante occasioni per dire cose che li riguardano intimamente senza parlare di sé: con le parole di quei testi, sotto quelle maschere. Alcuni detenuti sono diventati attori di professione, altri imparano mestieri, costumi, scene, costruzioni. 
Teatro stabile («senza maiuscola, mi raccomando, in carcere non si corre quel rischio!») il Mastio volterrano è di fatto già , ma il punto è un altro, di affrancarsi dalla provvisorietà  annuale (e quasi quotidiana), di veder riconosciuta un’esperienza preziosa e costruire il bellissimo e sobrio teatro disegnato da architetti amici. Di restituire all’ora d’aria lo spazio che i detenuti prestano eroicamente quando si avvicina il debutto, e dare un nuovo primato alla fortezza medicea e a tutti i suoi abitatori.


Related Articles

Arresto Nicosia. Radicali italiani: «Colpiti, ma più attivi nel lavoro sulla giustizia»

Loading

Diritti dei detenuti. «Proseguiremo con maggiore convinzione nella lotta alla criminalità attraverso le nostre proposte, come ad esempio la legalizzazione delle sostanze stupefacenti»

Il Paese campione dell’illegalità 

Loading

È forse una previsione troppo pessimistica immaginare che l’Italia sia destinata negli anni a venire ad uscire dal club delle grandi nazioni industriali dove aveva raggiunto nel secolo appena trascorso addirittura il quinto posto. Un solo primato ci vedrà  mantenere la testa di ogni classifica, anche se non si richiama agli exploit ambiti dai grandi Paesi industriali. Per contro è una vetta che ci contendiamo con Stati come la Bolivia, i Paesi petroliferi del Medio Oriente, quelli situati lungo le vie della droga, dall’Afghanistan al Messico. In questo eletto ambito all’Italia viene riconosciuto un ruolo incontestabile di campione mondiale dell’illegalità .

LSD legale? Un dibattito dalla Norvegia agli Usa

Loading

In base a un indice di peri­co­lo­sità com­pren­sivo di tre com­po­nenti (danno fisico, dipen­denza, danno sociale), su 20 dro­ghe lecite e ille­cite l’Lsd e l’ecstasy fini­rono rispet­ti­va­mente in 14a e in18a posi­zione: lon­ta­nis­simi da dro­ghe ille­cite dure come l’eroina e la cocaina (prime due posi­zioni) e da dro­ghe lecite come l’alcol (sesto) e il tabacco (nono)

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment