Detenuto pestato in carcere, agente ai domiciliari

by Editore | 18 Dicembre 2011 9:00

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«Quei due detenuti — è convinzione del pm Antonio Colonna — hanno picchiato il carcerato con l’intenzione di uccidere, e ci sono andati vicini: la passività  dell’agente è intollerabile e ha messo a rischio anche il lavoro delle altre guardie carcerarie… ». L’assistente di polizia penitenziaria accusato di non aver impedito l’aggressione di un detenuto genovese di 45 anni da parte di altri due reclusi (un peruviano di 23 e un marocchino di 36) è un napoletano di 39 anni, ora agli arresti domiciliari con le accuse di concorso in tentato omicidio e falso. Fino all’ultimo ha cercato confusamente di motivare la sua passività  di fronte al pestaggio, prima dicendo «di aver avuto paura», poi sostenendo di «essersi attivato per evitare che altri detenuti si aggiungessero», ma è stato smentito dai filmati delle telecamere, dai quali, secondo l’accusa, traspare un comportamento ben lontano da quello che dovrebbe avere una guardia di fronte a un’aggressione. Ha tutta l’aria di una punizione pianificata quella andata in scena nel luglio scorso nell’affollatissimo carcere piacentino Le Novate (380 carcerati per una capienza di 180). La preda è un genovese dentro per furto, la cui colpa sarebbe quella di aver accusato l’agente penitenziario di concedere ad alcuni detenuti piccoli privilegi, tipo tardare la chiusura della cella o mettere a disposizione il proprio cellulare. Tra i presunti beneficiari delle «cortesie» vi sarebbero anche il peruviano e il marocchino, picchiatori di professione. A loro due, secondo l’accusa, viene affidato il compito di «rimettere in riga» il genovese. Tecnica collaudata: mentre sta passeggiando con un compagno lungo un corridoio, l’uomo viene circondato e sbattuto a terra da un gruppo di detenuti, che lo tengono fermo mentre i due picchiatori lo devastano di pugni (4 fratture al volto). È un calabrese, compagno di cella del genovese, a dare l’allarme in direzione, mentre l’agente penitenziario, «che si trovava sul posto», sembra non vedere né sentire. 

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